Quattro chiacchiere con Gabriele Scarfone, giovane e talentuoso sceneggiatore

Gabriele ScarfoneSappiamo che ti stai facendo strada negli Stati Uniti con le tue sceneggiature, a noi però piacerebbe iniziare l’intervista parlando del tuo libro del 2012: L’inganno di Babilonia. Perché hai scritto un libro fantasy?

Scrivere mi è sempre piaciuto e le sceneggiature sono venute dopo.

Sono sempre stato affascinato dalla mitologia, come mix tra realtà, metafora e immaginazione.

All’epoca quando scrissi il libro avevo 23 anni e mi sentivo di raccontare una determinata emozione che rinchiudevo dentro di me: un insieme di rabbia, possessività, tenerezza e innocente bontà, in altre parole l’amore, o almeno la versione che provi quando hai 23 anni.

Un giorno studiavo per un esame all’università. Nevicava a Roma, miracolosamente. Stavo guardando dalla finestra e in un secondo ebbi l’ispirazione per la storia, come se qualcuno me l’avesse sussurrata all’orecchio.

Nel libro c’è un personaggio di nome “Lilith”, ci vuoi spiegare un po’ che ruolo ha?

Lilith è una figura mitologica, presente nelle religioni antiche mesopotamiche e nella Cabala ebraica. In alcune credenza ha un connotato negativo, di maledizione e disgrazia. In altre è considerata la prima donna creata. In seguito, alcune donne l’hanno associata alla liberazione e potenza della donna stessa contro l’uomo.

Nel mio romanzo, Lilith è appunto la motivazione di quel cambiamento interiore di un Dio che da Arcangelo obbediente si trasforma in qualcosa di molto più terreno, umano e passionale. Meno bianco e molto più nero: Satana.

Nel libro scrivi “Donna la D maiuscola”, ci spieghi questo concetto?

Ho una considerazione della donna tale da scrivere il nome con la d maiuscola. Certe volte si ignora che molte decisioni prese nella storia e prese tutt’ora sono legate ad un personaggio femminile: fidanzata, moglie, madre….

La Donna è un’opera d’arte molto più bella e molto più di valore dell’uomo e nel libro volevo esprimere tutta questa sacralità e solennità semplicemente scrivendo la parola donna con la D maiuscola.

Marduk, un personaggio del tuo libro ha un “debole” per gli esseri umani, ti va di spiegare ai nostri lettori il perché?

Perché gli esseri umani sono le persone più interessanti del pianeta. Persino un Dio può stupirsi e perdere ore ad osservarli. L’uomo in generale è una combinazione di così tanta passione, intelligenza e stupidità che non può che creare interesse.

Il modo in cui un essere umano ama nel libro è qualcosa che rompe gli schemi di Marduk. L’amore divino per quello che sappiamo è puro e giusto, senza sporcature. Nel romanzo faccio l’esempio del sentimento dell’amore appunto come sentimento divino, che è stato donato da Dio all’uomo. Ma l’uomo è troppo inferiore per provare tale purezza, e quindi l’ha compresso e adattato alla sua forma. Ma quando metti tutta l’acqua dell’oceano dentro un bicchiere cosa succede? Il bicchiere ovviamente si distrugge in mille pezzi, ed ecco che l’amore umano diventa gelosia, rabbia, possessività e quindi odio.

Marduk è interessato alla dualità che l’uomo, da essere inferiore a lui, è capace di provare. Ed è interessato a tutte quelle piccole sensazioni più terrene o appunto propriamente chiamate umane, che l’uomo è in grado di provare perché “impuro”.

Cos’è per te il “Diavolo”?

E’ una metafora per dare una figura a qualcosa che cresce e vive dentro di noi tutti da quando nasciamo: il male.

E il punto del mio libro è che per combattere il male devi conoscerlo, non puoi semplicemente averne paura. Usando la metafora del diavolo, credo che non bisognerebbe averne paura perché tale, ma piuttosto cercare di capire perché è così e in questo modo non avrai più bisogno di combatterlo. Togliere la maschera a qualcuno è il modo più pacifico di vincere.

Ora passiamo ad un paio di domande sul cinema… Come mai sei “emigrato” negli States, in Italia è più difficile farsi conoscere e lavorare?

Abbastanza difficile. Il cinema non è un’industria e quindi non viene trattata come tale. Poi in Italia si sa, se sei giovane è un male. Non mi stupisco del perché le serie televisive in Italia ad esempio sembrano scritte da persone che vivono nel medioevo ancora. Non solo per le storie, che sono quasi sempre orrende, ma per i personaggi che sono così mal costruiti da far venire il mal di pancia.

In America hanno House of Cards e Birdman, noi abbiamo Don Matteo e i cinepanettoni.

Dai parlaci male di uno degli ultimi film “osannati ” dalla critica ed invece secondo te è una “boiata”…

Guarda, provo ad osare e parlare di un film che molti hanno considerato geniale e che io personalmente ho considerato solo molto ben fatto: La Grande Bellezza.

Fotografia pazzesca, regia perfetta e recitazione da applausi. Però la storia mi sembrava un po’ povera e i personaggi troppo, troppo vecchi. Prima di tutto, da romano, mi è un po’ dispiaciuto che si è mostrata una città che tutto è tranne che Roma.

Poi, i continui riferimenti a Fellini erano un po’ esagerati.

Sicuramente, per la qualità con cui è stato fatto, una boiata non è, però sinceramente la storia mi è sembrata abbastanza patetica, ma forse credo era proprio l’intento del regista rendere la storia e i personaggi il più patetico possibile.

Oggi si usa spesso per indicare un certo tipo di cinema o musica la parola indie. Per noi è un po’ una moda… tu come la vedi?

E’ una moda ed un’esigenza. Una moda perché il termine indie è associato a qualcosa di alternativo e quindi più caratteristico e originale.

I film indie sono sempre esistiti: Mean Streets di Martin Scorsese del 1973, per quell’epoca era considerate indie, come le Iene di Tarantino del 1992

Adesso quel termine ha assunto un connotato più estremo perché siamo stati travolti da talmente tanti film commerciali e poveri che appunto fare un film indie non è una moda ma ormai un’esigenza.

Usare terminologie specifiche per indicare un qualcosa è sempre moda. In America, il termine indie e quindi indipendente è riferito a quei film che non sono prodotti, finanziati o influenzati dai Major Studios di Hollywood( Paramount, Warner Bros, Sony, 20th Century Fox ecc.), e che quindi non dipendendo da loro sono liberi da regole commerciali e di profitto, che riguardano molte volte la storia ed il film stesso.

Domanda importantissima: MondoRaro presto lancerà “God Banana” la “religione cialtrona e giochellerona, dedicata a tutti coloro che credono nel motto “We Believe in Banana” (che abbiamo adottato dal lontano 2009), che ha orgine dalla famosissima frase: “ma ‘do vai se la banana non ce l’hai” cantata da Alberto Sordi e Monica Vitti. Quanto ti senti “Banana Believer?”

Da romano con il senso dell’umorismo allo stesso tempo cinico e scherzoso, non posso che approvare e condividere il motto.

Anzi, adesso nel leggere banana mi è venuta voglia di mangiarmela.

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