Dati intelligence italiana hackerati

La società si sicurezza informatica Hacking Team ammette di avere perso il controllo del software.

“Abbiamo perso la capacità di controllare chi utilizza la nostra tecnologia. E’ quindi ormai evidente che una grave minaccia esista. Terroristi, estorsori e altri che siano in grado di farlo possono impossessarsene. Crediamo sia una situazione pericolosa. E’ evidente che esiste una grave minaccia. Stiamo valutando se è possibile contenere i danni”. Lo scrive in un comunicato ufficiale Hacking Team, società italiana che vende software spia a governi di tutto il mondo, dopo essere stata vittima di un pesante attacco hacker il 6 luglio scorso. “I nostri ingegneri — continua il comunicato — lavorano a ritmo serrato per aggiornare il software Remote Control System che permette ai clienti di avere informazioni d’intelligence e su criminali. I nostri clienti intanto hanno sospeso l’uso del sistema che risulta compromesso. E’ un passo importante per proteggere informazioni investigative e di polizia. Prima dell’attacco potevamo controllare chi aveva accesso alla tecnologia che è stata venduta esclusivamente a governi e agenzie governative. Ora, a causa del lavoro di criminali, abbiamo perso la capacità di effettuare questi controlli. Così ora chi ha la possibilità e la capacità di farlo può impossessarsene”.

Intanto, Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, il vertice dei servizi segreti italiani, è stato chiamato a riferire al Copasir sul caso.

L’attacco ha prelevato 400 gigabyte di materiale scottante, tra cui documenti, ricevute, elenchi, mail da cui si evince la clamorosa ragnatela di clienti governativi e non solo in oltre 30 Paesi, Italia inclusa. Molti dei quali non esattamente campioni di democrazia: Sudan, Marocco, Uzbekistan fra gli altri. Sulla vicenda la Procura di Milano aprirà un’inchiesta: l’ipotesi di reato, al momento, è quella di accesso abusivo a sistema informatico.

Non è la prima volta che la società milanese finisce al centro dell’attenzione. All’inizio di novembre del 2013 la sede in via della Moscova 13, a Milano, fu attaccata da un gruppo di antagonisti che scrisse sulla facciata del palazzo questa frase: “Ci controllano le vite, ci rubano il futuro!”. Accanto alla frase dipinta con vernice rossa, venne tracciata una “V” all’interno di un cerchio, uno dei simboli utilizzati dalla galassia della contestazione in riferimento al film “V per vendetta”.

L’azienda fu attaccata perché in quei giorni il quotidiano britannico The Guardian pubblicò il rapporto della Ong “Privacy International” in cui l’azienda milanese compariva, insieme ad altre 337 compagnie di tutto il mondo che avrebbero venduto sistemi di spionaggio a 35 Paesi. La Hacking Team ha sempre ribadito di fornire prodotti per combattere il crimine e negato di vendere alle nazioni che rientrano nella blacklist della Nato. Tuttavia alcune associazioni per i diritti digitali, come “Electronic Frontier Foundation” e il “Citizen Lab” di Toronto, l’hanno accusata di distribuire i loro prodotti anche in Paesi come Emirati Arabi Uniti, Marocco e Sudan. Questo dato sarebbe confermato proprio dal dossier pubblicato dal Guardian.

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Fonte: sputniknews.com

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