#MAIPIU’BULLISMO, campagna sensibilizzazione Rai e Miur

1 ragazzo su 2 subisce episodi di aggressione verbale, psicologica e fisica e il 33% è vittima ricorrente di abusi. Una situazione allarmante che emerge nella settimana in cui Rai e Ministero dell’Università e Ricerca uniscono le proprie forze per contrastare il bullismo.

Un fenomeno che non riguarda solo i ragazzi, ma anche le famiglie, la scuola e l’intera comunità. Numerosi sono gli interventi e i progetti che spiegano come aiutare le vittime ma pochissimi quelli che si occupano di un altro aspetto molto importante, ovvero il disagio dei bulli e delle loro famiglie.

Quando si parla di famiglie colpite non parliamo infatti solo di quelle delle vittime, ma anche di quelle di chi è causa di episodi di bullismo. Mamme e papà che lottano per evitate ai propri figli l’inevitabile etichetta di “bullo”. Un aspetto spesso trascurato e su cui il Centro Studi Erickson, vuole puntare i riflettori attraverso un decalogo, elaborato da Gianluca Daffi, esperto in psicologia dell’età evolutiva e autore di “Mio figlio è un bullo” (Erickson), che evidenzia quali sono gli aspetti da ricordare ad un bambino potenzialmente “bullo”.

  1. I forti non sono mai prepotenti: difendono e non attaccano, non opprimono, ma aiutano.

  1. Il segreto per diventare grandi non è abbassare gli altri.

  1. I Leader, i capi, sono tali, perché sono capaci di controllare per primi se stessi; solo così diventano riferimento per tutto il gruppo.

  1. Meglio essere apprezzati che temuti.

  1. Bisogna saper dare alle cose il giusto peso.

  1. Si può litigare senza arrivare alle mani, si possono esprimere le proprie idee senza mettere i piedi in testa a nessuno e senza farseli mettere.

  1. Pensa anche a quello che succederà domani, e dopo domani, e dopo domani l’altro.

  1. Le persone intelligenti parlano dei loro sentimenti.

  1. Non è necessario andare d’accordo con tutti, basta sopportarsi.

  1. Non sei un bullo, scegli di comportarti come un bullo.

«È importante che i genitori di un presunto o potenziale bullo non si deprimano sotto il peso dello sconforto o dei sensi di colpa. Prendere atto che il proprio bambino potrebbe avere atteggiamenti da bullo non significa affermare di aver fallito come genitori» afferma Gianluca Daffi.

Al contrario, prendere atto di un problema che potrebbe esistere, così come non sussistere per nulla, è indice di una apprezzabile responsabilità educativa, nonché premessa per giungere con maggior probabilità di successo a una soluzione soddisfacente per tutti. Ecco allora che è importante che lo sguardo dell’adulto si posi anche sugli elementi critici per comprendere i segnali di bullismo e intervenire sul soggetto prima che l’etichetta sociale lo marchi come “cattivo”.

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