Anaïs Nin, languori esotici in Marocco

La scrittrice Anaïs Nin nacque nel 1903 a Neuilly sur Seine. Il padre Joaquin, un famoso compositore spagnolo abbandonò la moglie Rosa, una franco-canadese che decise poi di installarsi a New York con i figli. Molto giovane Anais iniziò a scrivere i sui Diari, redatti in inglese, nel 1920. Nel 1923 divenne moglie del banchiere Hugh Parker Guiler. Per lei il Marocco “era un sogno“. Nell’aprile del 1936 questo sogno diventò realtà e i coniugi Guiler si recarono in Marocco per un breve ma intenso soggiorno. Si imbarcorono a Marsiglia il 15 aprile 1936 e sul treno che li condusse a Fez, la Nin scrisse a Henry Miller, suo amante e affermato scrittore: “Ad Algeri siamo passati dalla nave al treno. Breve impressione. Ho visto per la prima volta una donna velata. Tutto è blu scuro, non si vedono che gli occhi. Molto emozionante, questo mistero. Cappelli. A Fez rossi. Turbanti. Caschi coloniali. Quando ci fermiamo nelle piccole stazioni sono dei veri rapaci. Le mance non sono mai sufficienti…”. Si entusiasma poi al passaggio di alcuni gruppi di arabi e osservando alcune donne sugli asini intente al loro lavoro annoterà: “Siamo arrivati a Fez alle 6 del mattino. Il vento del deserto soffia. Piove. Ma non è un paradiso illusorio. Tutto è più bello di come lo avevo immaginato. Impossibile scrivere qualcosa, sono spiazzata. Gli arabi hanno un aria nobile. La nostra cameriera non è velata; assomiglia a certe immagini che ti ho inviato ma il suo viso è completamente tatuato. Tutto il mondo parla il francese, adesso esco per vedere Fez (…). Anaïs Nin, che è ospite al Palais Jamai, si perde con delizia nel labirinto di questa magica e misteriosa città. Scrive :”L’odore che predomina è lo stesso che in Spagna, odore di olio di oliva che usano per cucinare. E anche l’odore dei tappeti bagnati come le culle dei bebè (..) in alcune cantine ho visto pressare le olive per fare l’olio con una grossa ruota in legno spinta da un arabo magro e affaticato“. La scrittrice descrive così  il Palazzo del figlio del Pacha:” Siamo entrati nel Palazzo dei mosaici e dei ricami in pietra, arredato unicamente con divani, tavoli bassi e cuscini. Niente altro. Dove posano i loro abiti? I loro libri? Mistero. Il figlio del Pacha che li ospita è: “bello come lo sono tutti quando non hanno la lebbra, la sifilide, una malattia degli occhi o un naso in meno (…) ci siamo seduti sul divano, alla loro maniera contemplando dalla porta aperta il giardino e le fontane (…) abbiamo bevuto del thé alla menta e mangiato dei pasticcini preparati dalle donne“. “Siamo a venerdì..l’aria ha un profumo di legno di sandalo. Sento un impressione di pace immensa e profonda. Di pace e di semplicità. Pace. Arrivo dalla moschea dove ho ascoltato la Grande Preghiera. Non avevo il diritto di entrare ma tutte le porte erano aperte e gli ho visti pregare. Gli ho visti uscire, ricchi e poveri, insieme. I ciechi e i lebbrosi attendevano l’elemosina, cantando (…) “. Di ritorno alla sua camera del Palais Jami dai muri arancioni,  prima di addormentarsi scrive:”L’atmosfera è così  chiara che ho l’impressione che non potrò vedere il mondo intero così nettamente (…) Sono sul mio letto, dopo cinque ore di marcia attraverso le colline (…) la città si estende laggiù, in basso, sotto il sole. Gli uccelli non si accontentano di cinguettare come a Parigi, cantano e gorgheggiano con un fervore tropicale“. Prosegue il suo diario descrivendo un funerale: ” Abbiamo visto un arabo morto, tutto fasciato dentro a dei tessuti come le mummie egiziane. Trasportato al cimitero su una semplice plancia di legno, per essere interrato così’“. Ad Arthur Miller confida:”Ho l’impressione che Fez è una città inespugnabile, potrei viverci tutta la vita senza mai conoscerla interamente. Quello che tu ameresti qui sono gli odori, terribilmente reali e crudi“. La passionalità della scrittrice si infiamma descrivendo il turbinio di emozioni forti che sta vivendo:” È una droga tutto questo. Tutti questi palazzi, una vita di piaceri, una via del corpo. Quando mi sveglio mi siedo sui cuscini, con il sole, gli uccelli, la bellezza dei mosaici, il bollitore che canta per il thé, il vassoio che brilla, le dodici bottiglie di profumi al centro, il legno di sandalo che si consuma. E’ un vero stordimento (…) tutto è meraviglioso“. Analizza poi questo stordimento: ” Io so quali sono le affinità essenziali che mi hanno portato qui e quali sono le radici profonde che mi legano all’Oriente (…) possiedo in me il senso della forma e dei rituali del costume, il senso dei simboli, della permanenza dei sensi e sono stata in grado di cadere in trance, di uscire da me stessa con l’esaltazione, lontano da tutte le violenze. Un mondo sublime, di grandezza e ieratico, di fede e di adorazione. La religione come poesia“. L’anno seguente, il 1937, Anaïs ritroverà questi accenti infiammati per descrivere una passione pienamente sensuale: “Come sento colare nella pagine su Fez l’alchimia diabolica, l’esaltazione della attesa dell’amante, della sua venuta, del suo essere. Questa febbre nel ricordo delle notti, la temperatura della gioia, in un inno meraviglioso alla strada, un braciere di parole. Sono sola qui questa sera, in trance, come la trance dei santi, esclusa dal mondo, io abito a Fez e mi intrattengo nello stesso tempo con i miei misteriosi pensieri. Nè lacrime nè sdegno. Mi elevo nella spirale dell’estasi metafisica. Mi accuccio sulla sommità dei minareti (…) lascio il paese per abbracciare Fez e soffio parole senza aprire le labbra…Fez”. Nei suoi bagagli Anaïs Nin porterà dei tappeti di lana “bianchi e dolci” che abbelliranno il suo ufficio, dei tessuti rossi con i quali confezionerà dei gilet. E come farà più tardi Marguerite Yourcenar, delle candele di Fez multicolori e lavorate a torcia, simbolo della luce mistica. Alla vigila della II Guerra Mondiale la scrittrice tornerà a vivere negli USA. Conoscerà il successo letterario con i suoi Diari, nei quali evocherà la sua libertà di donna e le sue trasgressioni. Venne nominata nel 1973 Dottore Honoris Causa al Philadelphia College of Art e morì a Los Angeles il 14 gennaio 1977. Vennero pubblicate dopo la sua morte le sue opere erotiche conosciute a livello mondiale; “Venus erotica” e “I piccoli uccelli“.

Paolo Pautasso

Fonte: My Amazighen

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