Staminali. Gene editing migliora malattie del sangue

Vincere l’anemia falciforme e la beta-talassemia utilizzando il gene editing, il ‘taglia e incolla’ del Dna, per ricreare nei malati il segreto dei bebè: gli alti livelli di emoglobina fetale che per le prime 6-12 settimane di vita proteggono dalle due patologie, e che permettono ad alcuni pazienti geneticamente fortunati di restare praticamente asintomatici nonostante la malattia. Una condizione rara detta ‘persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale’, che la tecnica di frontiera del Cripr/Cas9 consentirebbe di riprodurre. Ne sembra convinto Bill Lundberg da Cambridge, Massachusetts, direttore scientifico della Crispr Therapeutics, annunciando al Congresso europeo di ematologia in corso a Madrid “l’avvio dei trial sull’uomo nel 2018”. Entro fine 2017 Lundberg e colleghi presenteranno la loro Clinical Trial Application sulla base dei risultati positivi ottenuti in vitro e sugli animali: la tecnica si è dimostrata in grado di modificare secondo il volere degli scienziati più dell’80% delle cellule staminali del sangue trattate, aumentando i livelli di emoglobina fetale ‘scudo’ in un range del 30%, senza cambiare il Dna di cellule diverse da quelle bersaglio. Non solo: le cellule umane corrette persistono a lungo in un modello di topo. Quanto basta per provarci sui malati con concrete speranze di farcela.
“La nostra idea – spiega Lundberg descrivendo al 22esimo summit dell’Eha, la European Hematology Association, l’approccio che il suo team seguirà nell’uomo – è quella di ottenere dal paziente le cellule staminali del sangue, quindi di modificarle con il gene editing e di reintrodurle poi nel malato. In questo modo le staminali corrette con la tecnica del Crispr/Cas9 produrranno globuli rossi sani”, cioè con un’emoglobina priva del difetto alla proteina beta-globina che caratterizza l’anemia falciforme e la beta-talassemia. Se la procedura dovesse confermarsi efficace nell’uomo, “un problema non da poco che sicuramente dovremo affrontare sarà quello dei costi di un’eventuale terapia – ammette il ricercatore – Queste due malattie fanno infatti registrare tantissimi casi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo”.

fonte aduc

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