Caso Cucchi, il capo del Dap difende i suoi, ma ammette “immagine lacerante degli agenti penitenziari”

“Non so se la polizia penitenziaria c’entri, ma nell’immaginario collettivo resta che Stefano Cucchi è morto in carcere e che è stato picchiato fino alla morte dagli agenti penitenziari. E questo è veramente lacerante”. Così  il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha espresso tutto il suo rammarico nel corso dell’audizione in commissione parlamentare Antimafia sull’immagine che ne uscita del Corpo dei baschi azzurri a seguito della morte del giovane geometra romano, morto in ospedale senza che – è stata la conclusione dei pm Vincenzo Barba e Francesca Loy – i medici mettessero in atto le più elementare procedure che gli avrebbero potuto salvare la vita.

C on tutto il rispetto per Franco Iotta, è molto più lacerante che un ragazzo italiano sia morto per colpa di alcuni rappresentanti dello Stato. E’ lacerante l’assassinio di Stato. Per fortuna che nella coscienza e non “nell’immaginario” è ben chiara la fine del povero Stefano Cucchi. E’ una fortuna perché almeno in questo caso non è sceso il silenzio a nascondere l’assassinio di Stefano Cucchi.

Nell’inchiesta tre poliziotti penitenziari sono imputati di lesioni e abuso di autorità, mentre le accuse per sei medici, tre infermieri e un dirigente del provveditorato regionale (Prap) sono, a vario titolo, di favoreggiamento, abbandono d’incapace, abuso d’ufficio e falsità ideologica.

Ionta non fa accenno alcuno all’inchiesta giudiziaria. “Penso che globalmente il sistema è affidato a persone di grande professionalità”, è la difesa che il capo del Dap fa dei suoi uomini.

Per tale motivo caro Ionta bisogna prendere le distanze e punire coloro che commento atti criminali, non solo violano la legge, ma infangano anche le istituzioni.

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