Disastro di Fukushima Dai-ichi

Il disastro di Fukushima Dai-ichi è una serie di quattro distinti gravi incidenti nucleari occorsi presso la centrale nucleare omonima a seguito del terremoto del Tōhoku nel marzo 2011.

Complessivamente l’incidente, nella prima settimana stimato al grado 4 della scala INES, quindi al livello 5[1] (a pari livello con il singolo Three Mile Island in cui però non si ebbero né esplosioni, né rilasci di radioattività nell’ambiente pari all’evento giapponese); è stato infine provvisoriamente classificato dall’Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale del Giappone al grado 7, il massimo grado della scala, finora raggiunto solo dal disastro di Černobyl’, considerando l’insieme dell’evento e non più i singoli incidenti distinti (classificati tra i livelli 3 e 5).

A causa del terremoto molti altri impianti nucleari giapponesi sono stati coinvolti, sia centrali nucleari che impianti del ciclo del combustibile. Gli impianti di generazione elettrica direttamente coinvolti con arresti automatici dei reattori sono stati quelli di Fukushima Dai-ichi, Fukushima Dai-ni, Onagawa e Tokai; è stato anche coinvolto il Centro di riprocessamento di Rokkasho che funziona con l’energia fornita dai generatori diesel di emergenza. Le maggiori preoccupazioni riguardano quattro dei sei reattori dell’impianto di Fukushima Dai-ichi, e in particolare il reattore numero 4, il cui edificio è stato quello maggiormente danneggiato dalle esplosioni di idrogeno, e nel quale le barre di combustibile a rischio fusione non sono quelle in uso all’interno del recipiente in pressione (vessel), ma quelle stoccate nelle vasche del combustibile esausto, che si trovano quindi al di fuori della struttura di contenimento primaria del reattore.

Resistenza allo tsunami

Diversamente da quanto si possa credere non è stato il terremoto in sè ad innescare l’incidente nella centrale quanto piuttosto il maremoto in seguito al sisma con la centrale che è ubicata proprio nei pressi della linea costiera: l’acqua dell’onda anomala avrebbe infatti messo fuori uso i sistemi elettrici che governano i sistemi di raffreddamento dei reattori della centrale innescando così la crisi e la successione di eventi occorsi. In particolare l’onda di tsunami che ha colpito l’impianto misurava almeno 14 metri di altezza, dalle tracce riscontrate nel parcheggio che si trova appunto a questa altezza, mentre l’impianto era stato progettato per far fronte al massimo ad onde di 6,5 metri di altezza. La stessa ondata ha provocato la morte per annegamento dei due operatori che si trovavano nei locali scantinati della turbina dell’unità 4, ferma in manutenzione e con il reattore vuoto, erano stati dati per dispersi sin dal primo evento.

Cause delle esplosioni

A causa dell’aumento di temperatura delle barre d’uranio rimaste scoperte d’acqua il rivestimento esterno in lega metallica “Zircaloy” reagisce con l’acqua a temperatura di circa 1200 °C ossidandosi e liberando idrogeno. Questo a contatto con l’ossigeno atmosferico e in proporzioni opportune forma una miscela tonante (esplosiva) bastando quindi un innesco per provocarne l’esplosione. Nell’edificio esterno dell’unità 1 l’esplosione è avvenuta in seguito al rilascio controllato del gas/vapore contenuto nel reattore in concomitanza con una forte scossa di assestamento. Il rilascio era autorizzato dalle autorità giapponesi e previsto dalle procedure d’emergenza per consentire d’iniettare acqua, altrimenti non possibile per la contropressione dovuta sia al vapore che all’idrogeno accumulatosi all’interno del reattore.

Nella giornata dell’11 marzo in un edificio minore delle zone non nucleari dell’impianto è nato un piccolo incendio, che ha richiesto meno di due ore per essere estinto. Una situazione più grave era però emersa entro le zone nucleari dei tre reattori di Fukushima Dai-ichi in funzione, in questi il reattore era stato fermato automaticamente con successo, ma i generatori diesel avevano subito numerosi danni, lasciando quindi i tre reattori senza energia elettrica per alimentare il sistema di refrigerazione per dissipare il calore residuo del reattore. Questo ha portato la TEPCO a comunicare una situazione di emergenza, che ha permesso alle autorità di far evacuare la popolazione residente entro i 3 km dall’impianto, circa 1000 persone. Nove ore dopo il ministero dell’economia, del commercio e dell’industria ha comunicato che presso l’impianto erano arrivati quattro generatori diesel mobili, tre dei quali, già operativi, fornivano energia per i sistemi di emergenza dell’impianto e che altri moduli erano in arrivo per via aerea.

Il 12 marzo a causa del mancato funzionamento degli impianti di raffreddamento di emergenza la pressione interna all’edificio del reattore è aumentata costantemente nel corso delle ore. Alle 2 di notte del 12 marzo, è stata riportata una pressione di circa 600 kPa, a fronte di una pressione normale di funzionamento di 400 kPa. A seguito di questo, la società elettrica ha preso la decisione di ridurre la pressione interna per gli impianti per cui non sono funzionanti i sistemi di refrigerazione, contemporaneamente alle operazioni di ripristino del normale funzionamento dei sistemi ed alla monitorizzazione dell’impianto. Alle 4:20 la IAEA ha confermato che erano in corso lavori per ripristinare l’alimentazione con generatori mobili e che sarebbe avvenuta una decompressione controllata utilizzando filtri per trattenere la maggior parte delle radiazioni entro l’impianto. Alle 13:30 gli isotopi radioattivi cesio-137 e iodio-131 sono stati rilevati vicino al reattore il che indica che una parte del nocciolo è rimasta scoperta per la diminuzione del livello del refrigerante nel reattore. Alle 15:36 c’è stata una esplosione nel reattore, quattro operai sono stati feriti, e la parte superiore dell’edificio secondario di contenimento del reattore è stata spazzata via, lasciando al suo posto lo scheletro di acciaio. Il portavoce del governo giapponese, Yukio Edano, ha confermato che c’era una “significativa possibilità” che le barre di combustibile radioattivo si siano parzialmente fuse, mentre l’esplosione non aveva compromesso l’integrità del contenimento principale del reattore. Verso le 20:00 sono iniziati gli interventi di pompaggio di acqua marina, per raffreddare il reattore, e di acido borico, che assorbendo i neutroni blocca la reazione a catena.

Nei primi momenti dall’incidente il reattore risultava in stato di attenzione ma non in stato di serio danneggiamento o critico.

Il 14 marzo le barre del combustibile nel mezzogiorno erano completamente scoperte (non più sotto battente d’acqua), in quanto è fallito il pompaggio dell’acqua marina all’interno del nucleo. Alle 13:21 la TEPCO ha dichiarato che non è esclusa la parziale fusione delle barre del combustibile nucleare all’interno del reattore 2. Sono stati riscontrati gravi danni al nocciolo del reattore, probabilmente a causa della mancanza di refrigerante, questo ha portato a continuare l’iniezione di acqua marina ma il livello del liquido è al momento sconosciuto ma tendenzialmente in diminuzione, mentre è stato riportato che la pressione è aumentata fino a 700 kPa che ha reso l’iniezione di acqua impossibile per la pressione troppo elevata. Per risolvere il problema è stata quindi rilasciata una certa quantità di vapore che ha permesso una nuova iniezione di acqua. La TEPCO effettuato una notifica dichiarando che da prospezioni delle 08:50 che alcune barre di combustibile sono state presunte rotte, sulla base di radiazioni rilevate.

Il 15 marzo alle 00:08 ora italiana si è registrata una esplosione al reattore 2. La TEPCO annuncia che è stata evacuata parte del personale. Le autorità hanno ammesso che in seguito all’esplosione c’è stato una rottura non quantificata della camera di soppressione della pressione (wet-well), una struttura toroidale posta nella parte inferiore del sistema di contenimento del reattore.

Nelle giornate dell’11 e del 12 marzo non persistevano particolari preoccupazioni per il reattore, in quanto i sistemi di raffreddamento, seppur in crisi, erano stati sostituiti parzialmente da altri apparati provvisori. Desta particolare preoccupazione il fatto che in questo reattore venisse usato come combustibile nucleare anche plutonio: nel settembre 2010 per la prima volta il reattore 3 era stato caricato con combustibile MOX al posto dell’uranio a basso arricchimento usato negli altri reattori della centrale.

Il 13 marzo si è dovuto ricorrere all’utilizzo di acqua di mare come refrigerante primario del reattore, sono presenti malfunzionamenti nei sistemi ma i livelli sono stabili. Per alleviare la pressione interna al reattore, sono poi iniziate delle operazioni di rilascio del gas, che hanno portato con loro piccole quantità di radioattività, il livello del liquido da un primo momento in cui aumentava, in un secondo iniziava di nuovo a diminuire. Alle 23:30 la Nuclear and Industrial Safety Agency ha riportato che alcune letture davano il livello del liquido refrigerante due metri sotto la cima degli elementi di combustibile, rappresentando quindi un serio rischio per la loro integrità, mentre altre strumentazioni ne riportavano ancora un livello nei limiti di sicurezza.

Il 14 marzo alle 11:01 si è osservata un’esplosione seguita dallo sprigionarsi di fumo bianco dovuta a una fuga di idrogeno, l’esplosione è stata molto più potente di quella avvenuta nel reattore 1: una larga sezione del tetto dell’edificio del reattore è stata scagliata verso l’alto ed è ricaduta su altre strutture della centrale, ma la TEPCO ha dichiarato che ad una prima analisi il contenimento del nocciolo sarebbe rimasto intatto. A seguito delle esplosioni un dipendente 23enne è stato contaminato. Alle 12:00 quattro dipendenti TEPCO e due operai di società collegate hanno riportato ferite (tutti sono rimasti coscienti). Le letture di pressione a seguito dell’esplosione sono rimaste all’interno di un range relativamente normale, mentre in precedenza erano state molto superiori: 530kPa delle 6:30, 490kPa alle 9:05, 380kPa delle 11:13, 360kPa delle 11:55, che sono da confrontare con i 250kPa di livello di massima sicurezza, i 400kPa di riferimento e gli 840kPa del reattore 1 del 12 marzo.

Il 16 marzo alle 8:34 ora locale è stato osservato del fumo bianco sollevarsi dal reattore 3. I tentativi di determinare la causa di tale avvenimento sono stati interrotti poiché tutti gli addetti sono stati evacuati in un’area sicura a causa dell’aumento della radioattività misurata. Nel corso della giornata, poiché era aumentata la temperatura dell’acqua nella vasca del combustibile esausto, si era presa in considerazione l’ipotesi di spargere acqua con gli elicotteri grazie al supporto dell’Esercito; questi interventi sono poi stati cancellati per livelli di radiazioni troppo alti.

Fino al 14 marzo, per il reattore numero 4 non erano stati riportati danni di alcun tipo.

Il 15 marzo verso le ore 06:00 locali viene udita una forte esplosione proveniente dalla centrale e in seguito viene confermato il danneggiamento di una parte dell’edificio contenente il reattore numero 4. Alle 09:40 si è poi verificato un incendio nella vasca del combustibile esausto, con probabile rilascio di radioattività da parte del carburante in essa presente. La TEPCO ha affermato che il fuoco era stato spento entro le ore 12:00. Dato l’aumento del livello di radiazioni, alcuni lavoratori ancora presenti nell’edificio sono stati evacuati.Alle 10:22 il livello delle radiazioni intorno al reattore era di 100 mSv/h.. L’incendio sarebbe stato causato dall’esplosione dell’idrogeno dovuta all’evaporazione dell’acqua della vasca, con conseguente esposizione delle barre di combustibile esausto. Alle 21:13 le radiazioni all’interno dell’edificio 4 sono divenute troppo elevate all’interno della sala di controllo per potervi lavorare e sostare a lungo. Solo settanta dipendenti sono rimasti all’interno dell’edificio.

Il 16 marzo verso le 5:45 un dipendente della TEPCO ha scoperto un incendio presso l’angolo nordovest dell’edificio del Reattore 4 mentre trasportava una batteria alla sala di controllo centrale. La TEPCO ha informato dell’incidente i vigili del fuoco e le autorità locali. Tentativi di spegnere l’incendio sono stati ritardati dagli alti livelli di radiazioni nella zona. Durante un’ispezione alle 6:15 gli addetti della TEPCO non hanno trovato segni dell’incendio.

La TEPCO ha comunicato l’esistenza di una piccola – ma non nulla – probabilità che la massa di carburante esposto possa raggiungere la criticità. La BBC ha commentato che questa criticità non può significare una esplosione nucleare, ma potrebbe causare un rilascio prolungato di materiali radioattivi. La criticità è di solito considerata altamente improbabile per il basso livello di arricchimento usato nei reattori ad acqua leggera.

Per reattori 5 e 6 non sono stati riportati danni di alcun tipo, sono monitorati e si continua a verificare la tenuta dei circuiti di refrigerazione.

A partire dal 15 marzo la temperatura del combustibile esausto nelle rispettive vasche è aumentata a causa della loro insufficiente refrigerazione.

Il 19 marzo i tecnici hanno ripristinato il sistema di refrigerazione del combustibile esausto.

In generale la TEPCO ha affermato, nella conferenza stampa di mercoledì 16 Marzo, che erano in corso interventi finalizzati ad allacciare generatori di supporto e riparare i generatori diesel di emergenza per ripristinare l’alimentazione elettrica esterna degli impianti. Si giungerebbe così al ripristino dei sistemi di spray del nocciolo, del raffreddamento RHR e degli ECCS entro i limiti di operabilità, visti i probabili danneggiamenti da parte delle esplosioni dei giorni precedenti. In assenza di ulteriori complicazioni, si prevede che per giovedì 17 marzo i sistemi ausiliari ancora integri rientrino in funzione. In seguito a difficoltà nel ripristino dei sistemi di raffreddamento dei reattori coinvolti e nell’urgenza di doverli refrigerare viene presa la decisione di inondare d’acqua marina l’esterno dei reattori stessi tramite mega-idranti ed elicotteri almeno nei periodi di bassa emissione di radioattività; questa misura di urgenza suscita inizialmente qualche perplessità in virtù del potere corrosivo dell’acqua salata di mare e crea tutta una serie di problemi successivi quali l’inondazione delle parti basse dei reattori e l’impossibilità di tornare ad agire tentando di ripristinare i sistemi elettrici di raffreddamento. Sempre nei giorni a seguire, dopo le esplosioni degli involucri esterni dei reattori, si paventa anche l’idea di cementificare i reattori, misura poi non attuata. La TEPCO, a seguito dell’utilizzo di acqua salata di mare per il raffreddamento, farà comunque sapere che la centrale non rientrerà più in funzione.

Secondo le autorità di sorveglianza francesi (IRSN e ASN), la nube radioattiva sprigionata a più riprese della centrale di Fukushima Dai-ichi arriverà sulla Francia attorno al 26 marzo. Considerata la distanza dovrebbe essere non particolarmente intensa.

Il 21 marzo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che “le radiazioni provocate dal disastrato impianto nucleare di Fukushima ed entrate nella catena alimentare sono più gravi di quanto finora si fosse pensato” e che l’effetto dell’incidente “è molto più grave di quanto chiunque avesse immaginato all’inizio, quando si pensava che si trattasse di un problema limitato a 20-30 chilometri“.[55] Radionuclidi eccedenti i limiti fissati dalla normativa nazionale sono stati rilevati nel latte prodotto nella prefettura di Fukushima e negli spinaci prodotti nelle prefetture di Fukushima, Ibaraki, Tochigi e Gunma.

Il 22 marzo, la TEPCO ha comunicato la presenza di iodio, cesio e cobalto nell’acqua di mare nei pressi del canale di scarico dei reattori 1, 2, 3 e 4. In particolare, si sono rivelati livelli di iodio-131 di 126,7 volte più alti del limite consentito, livelli di cesio-134 di 24,8 volte superiori, quelli del cesio-137 di 16,5 volte e quantitativi non trascurabili di cobalto-58.

Nei giorni successivi i livelli di radioattività in mare hanno superato di oltre 4400 volte i limiti ammessi.

Evacuazione della popolazione

L’11 marzo, a seguito della mancata alimentazione dei sistemi di refrigerazione dell’impianto di Fukushima Dai-ichi, la TEPCO ha dichiarato lo stato di emergenza, questo ha portato le autorità ad evacuare la popolazione residente entro i 3 km dall’impianto, cioè 1000 persone circa.

Nei primi giorni di aprile livelli di radioattività superiori ai limiti legali sono stati ufficialmente ammessi anche fra 30 e 40 km dalla centrale, ma per ora non si è dato corso ad evacuazioni.

Al 13 marzo, la TEPCO ha dichiarato di aver evacuato, in coordinamento con le autorità di governo, la popolazione residente entro un raggio di 20 km dalla Centrale Fukushima Dai-ichi e di 10 km dalla centrale di Fukushima Dai-ni.

Il 15 marzo il premier giapponese Naoto Kan ha dichiarato che la zona di evacuazione attorno alla centrale di Fukushima è stata ampliata a un raggio di 30 km; tra i 20 e i 30km l’abbandono delle case non è obbligatorio ma viene prescritto di non uscire di casa.

In seguito il governo giapponese, dopo aver vietato l’accesso nel raggio di 20 km. attorno alla centrale, ha ordinato l’evacuazione di altre cinque città, site fuori da tale area.

Gli Stati Uniti hanno consigliato ai loro cittadini presenti in Giappone di evacuare un’area di 80 km dalla centrale. L’inviato di RAI NEWS 24 residente a Tokio (250 km di distanza) ha dichiarato di aver ricevuto l’ordine di allontanarsi verso SUD.

Contaminazione della popolazione

Le autorità giapponesi stanno studiando una eventuale contaminazione radioattiva sui 170.000 residenti evacuati dalle zone entro i 20 km dagli impianti di Fukushima Dai-ichi e Fukushima Dai-ni, al 13 marzo nove persone sono risultate contaminate dalle prime analisi. L’agenzia per la sicurezza nucleare ed industriale giapponese, parte del ministero dell’economia, commercio ed industria, ha affermato che delle circa 100 persone evacuate da Futaba, nove risultano esposte a contaminazione, le cui cause sono al momento in ricerca. Delle persone contaminate, una risulta esposta a 18.000 conteggi per minuto (cpm), una seconda fra 30.000 e 36.000 cpm, una terza circa 40.000 cpm. Su una quarta persona sono state inizialmente misurati oltre 100.000 cpm, ma dopo una seconda misurazione (avvenuta a seguito dell’essersi tolto le scarpe) ha riportato le misure poco oltre 40.000 cpm. Sulle altre cinque persone sono state riscontrati livelli di contaminazione molto bassi. Un secondo gruppo di 60 persone, che è stato evacuato dall’ospedale pubblico di Futaba tramite elicotteri, è stato testato per contaminazione; per questi non sono ancora disponibili (alle 16.30 ora locale) i risultati delle analisi ma si presuppone che siano stati contaminati durante l’attesa per essere trasportati via. Altri gruppi di persone evacuate sono state riscontrate negative ai test di contaminazione.

Per prevenire possibili deleteri effetti dagli isotopi di iodio radioattivo, le autorità hanno predisposto la distribuzione di pillole allo ioduro di potassio per saturare la tiroide e prevenire gli effetti di quello radioattivo. Questo permette al corpo di non assimilare lo iodio-131 se si è venuti a contatto con esso.

Contaminazione e vittime fra i lavoratori

Alla data del 14 aprile dei circa 300 lavoratori dell’impianto di Fukushima Dai-ichi, 28 risultano aver ricevuto dosi superiori a 100 mSv nel periodo legato all’emergenza: per nessuno di essi è stato comunque superato il limite di 250 mSv fissato dalle Autorità giapponesi per gli interventi in emergenza. Come noto, tre lavoratori che operavano nell’edificio turbina per la stesura di cavi hanno riportato dosi elevate di radiazioni agli arti inferiori a seguito dell’esposizione all’acqua contaminata raccoltasi nell’edificio. Per due dei suddetti lavoratori è stata stimata una dose compresa tra 2 e 3 Sv alle estremità degli arti inferiori.

Il 3 aprile è stato confermato il ritrovamento dei corpi di due lavoratori che il giorno del terremoto stavano operando presso l’Unità 4 la cui morte non è dovuta agli effetti delle radiazioni ionizzanti.

La IAEA riporta la notizia che il 1° aprile un lavoratore che riparava un malfunzionamento al manicotto dell’acqua su una nave dell’esercito americano, è caduto in acqua; il lavoratore è stato immediatamente soccorso e non ha riportato né ferite né contaminazione esterna dalle prime rilevazioni effettuate; al fine di valutare l’eventuale contaminazione interna lo stesso è stato sottoposto a WBC il cui risultato ha escluso qualsiasi presenza di contaminazione interna.

Conseguenze internazionali

L’incidente nella centrale di Fukushima ha sollevato forti reazioni e polemiche in tutto il mondo inerenti al prosieguo o meno dell’utilizzo dell’energia nucleare (o dei programmi di sviluppo) in varie nazioni. Nelle prime ore successive agli incidenti molti leader mondiali hanno fatto dichiarazioni in proposito.

Germania

Il governo di Angela Merkel ha deciso di sospendere la decisione di prolungare la vita di alcune centrali. Inoltre, i 7 reattori più vecchi, costruiti prima degli anni Ottanta, sono stati immediatamente fermati e sottoposti a una moratoria di tre mesi.

Cina

Nei giorni immediatamente seguenti all’incidente di Fukushima, ha sospeso l’autorizzazione alla realizzazione di 26 nuovi impianti nucleari, per verificare i criteri di sicurezza previsti, e ha deciso di effettuare una revisione straordinaria della sicurezza dei siti già esistenti e funzionanti. Comunque, nelle settimane successive, fonti ufficiali hanno comunicato che le verifiche hanno dato esito positivo, e che la Cina continuerà nella costruzione di centrali nucleari come fonte di energia pulita, e che il programma nucleare non sarà abbandonato per la paura dei rischi connessi.

Svizzera

L’Ufficio Federale per l’Energia ha annunciato la sospensione del nuovo programma nucleare al fine di riesaminare e modificare gli standard di sicurezza. Il 22 marzo, il parlamento cantonale di Argovia ha bocciato la richiesta di socialisti e Verdi di sottoporre alle Camere federali un’iniziativa per l’uscita dal nucleare, proposta in concomitanza degli eventi giapponesi.

Unione europea

Günther Oettinger, commissario all’energia della Commissione europea, da sempre favorevole al nucleare, ha dichiarato il 15 marzo: «dobbiamo anche porci la domanda se, in Europa, in futuro, potremo soddisfare i nostri bisogni energetici senza il nucleare».

Francia

Il presidente Nicolas Sarkozy ha dichiarato di non avere timori perché «le centrali francesi sono le più sicure al mondo».

Stati Uniti

Nonostante le richieste di alcuni esponenti del suo stesso partito, il presidente Barack Obama ha negato che l’incidente giapponese rallenterà la ripresa nucleare americana, aggiungendo che le centrali americane sono sicure.

Italia

Inizialmente il ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha dichiarato che «la linea del governo sul nucleare non cambia». Il 23 marzo però il consiglio dei ministri approva una moratoria di un anno sul programma nucleare italiano. Il 19 aprile 2011 il governo italiano decide di inserire nella moratoria l’abrogazione delle norme che avrebbero previsto la possibilità di realizzazione di centrali nucleari in Italia.

Indonesia

Il governo ha annunciato che, nonostante un elevatissimo rischio sismico, non avrebbe modificato il suo programma nucleare.

Altri Paesi

Altre nazioni hanno annunciato che le vicende giapponesi saranno tenute in considerazione ai fini della sicurezza, ma che il programma nucleare non sarebbe cambiato.

In molti Paesi già dotati di impianti nucleari è stato deciso intanto di rivedere le misure di sicurezza: è il caso dell’India e di Taiwan.

(materiale tratto da wikipedia)

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