Lettera di risposta a Berlusconi da parte dei familiari delle vittime della “Casa dello studente”

I familiari delle vittime della Casa dello Studente, crollata in seguito al terremoto del 6 aprile 2009 che ha colpito L’Aquila, rispondono alle esternazioni di ieri di Silvio Berlusconi, che affermava di aver avvertito donne e uomini di Protezione civile affinché non andassero più in Abruzzo – o al limite, affinché ci andassero senza farsi riconoscere, senza loghi e divise – finché ci sarà l’accusa di omicidio colposo.

Ricordiamo che sono stati emessi sette avvisi di garanzia in seguito alle responsabilità pregresse che riguardano la mancata previsione e prevenzione.

Ecco il testo integrale della risposta.

“Bisogna rispondere, ma con le dovute maniere”.

E’ questa la prima cosa che ci siamo detti noi familiari delle giovani vittime della casa dello studente a fronte delle stupefacenti esternazioni di Berlusconi.

Noi, che abbiamo perso tutto, che non avremo più un futuro perché la morte di un figlio azzera ogni prospettiva, siamo stati e siamo capaci di autocontrollo e di rispetto.

Due atteggiamenti che hanno scandito il nostro percorso di dolore, la nostra richiesta di giustizia.

Atteggiamenti di cui il premier dovrebbe fare largo uso in situazioni estremamente delicate, anziché attaccare, come è ormai consuetudine, la magistratura e accusare coloro che sono stati colpiti da lutti immedicabili e che, forse, si sarebbero potuti evitare, di incontrollabile furia omicida.

Non si può che gridare Vergogna dinanzi a tanta insensibilità e ad un linguaggio profondamente offensivo.

E non si può non pensare che, magari, ci troviamo di fronte ad un gioco sporco, che si fa beffe anche dell’etica istituzionale: utilizzare pretesti, calunnie e sospetti per abbandonare L’Aquila al suo destino. Ma sarebbe veramente troppo e drammaticamente triste, poiché significherebbe usare il nostro dolore.

Berlusconi farebbe bene a leggere la lettera che Bertolaso, Capo della Protezione Civile, in data 5 luglio 2009, inviò a Sergio Bianchi, padre di Nicola, che non c’è più, nella quale al disperato grido di dolore di questo padre risponde:”I morti dell’Aquila potevano non esserci e soprattutto essere molto meno tra i giovani.

Confido in coloro che devono, per loro compito, individuare responsabilità personali dirette, omissioni dolose, irresponsabilità colpevoli, perché è giusto che non si chiami disgrazia o fatalità ciò che poteva essere evitato, ma accetto di essere parte di una classe dirigente che, nel suo insieme, non ha saputo fare ciò che era possibile per evitare lutti e dolori a tante, troppe persone”.

Al premier, inoltre, sfugge un piccolo, non trascurabile dettaglio: gran parte degli studenti che hanno perso la vita, in quella tragica notte, erano “fuori sede”, ossia provenivano dalle regioni limitrofe.

Cosa farà allora? Richiamerà la Protezione Civile anche dalla Basilicata, dalla Puglia, dalla Campania, dal Lazio ecc. ecc.?

COMITATO FAMILIARI VITTIME CASA DELLO STUDENTE

Nella lettera di Bertolaso che cita il Comitato, bisogna soppesare bene le parole del Capo Dipartimento della Protezione civile. Parole che non hanno più trovato alcun riscontro né precisazione in seguito. Bertolaso rispondeva a Sergio Bianchi, padre di una vittima, che lo invitava a dimettersi.

Ecco la lettera integrale, (da pag. 245 e 246 di Protezione Civile SpA):

Ho letto la sua scarna email con l’animo stretto di chi è costretto dal dolore altrui a vedere le cose con occhi diversi. Lei scrive parole che per me sarebbero inaccettabili se non sapessi che il loro significato vero lo si capisce solo guardando attraverso le lacrime. Mi sento colpito dalla infinita stanchezza della sua anima che rifiuta ogni distinzione di competenza, ogni distinguo sulla responsabilità, ogni analisi razionale dei tempi, dei luoghi e dei fatti perché la ragione e i suoi strumenti sono del tutto inutili quando siamo chiamati a confrontarci con l’irrimediabile della morte di chi è per noi ragione di speranza e vita. Non pretendo di capire perché l’esperienza della morte è un fatto troppo personale per essere condiviso e capito. Mi assumo la piena responsabilità di ciò che ho fatto e che faccio insieme a quelle di chi non ha fatto e non si è assunto responsabilità quando doveva farlo per evitare la morte di persone innocenti per rispetto del suo inconsolabile dolore. I morti dell’Aquila potevano non esserci e soprattutto essere molti meno tra i giovani. Confido in coloro che devono, per loro compito, individuare le resposabilità personali dirette, omissioni dolose, irresponsabilità colpevoli, perché è giusto che non si chiami disgrazia o fatalità ciò che poteva essere evitato.
Ma accetto di essere parte della classe dirigente che, nel suo insieme, non ha saputo fare ciò che era possibile per evitare lutti e dolori a tante, troppe, persone. Non so come starle vicino se non esprimendole il più profondo rispetto per ciò che patisce e facendo un passo indietro dal mondo dei miei razionali comportamenti, per accettare in silenzio la sua pena.

Di dimettersi non se ne parla. Di parlare come se fosse sempre colpa degli altri, invece, sì: quella è la prassi, la strategia comunicativa.

Fonte: Shockjournalism.com

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