Cambiare senza eroi, cambiare partendo da noi!

Ci sono riusciti. Eccome. Ci hanno lavorato per un ventennio e oggi, purtroppo, hanno vinto. Hanno affidato il ruolo di “opposizione” a personaggi appositamente esaltati  da quella parte mediatica che li supporta, per far convergere verso le loro posizioni tutta la nostra indignazione, che segue così percorsi prestabiliti, ancora una volta, da altri.

Gioco facile, in un popolo anestetizzato da una tv spazzatura, abituato ad idolatrare personaggi, icone, senza chiedersi se e quale persona possa esserci dietro. Facile con cittadini che la scuola svuotata ha reso sempre più ignoranti e  pertanto più sensibili a slogan, immagini, che non a letteratura di approfondimento, magari critica, magari con informazioni più utili a farsi un’idea della realtà che ci circonda.

Chi grida più forte è un eroe, chi ha il coraggio di scrivere un romanzo sulla mafia e vive oggi sotto scorta diventa intoccabile per una parte della cittadinanza che ne esalta le virtù sino quasi a santificarlo, pronta ad attaccare chiunque osi alzare una voce che ne riduce, in qualche modo, l’importanza. E’ il caso di Roberto Saviano, autore del celebre romanzo Gomorra ed oggi paladino indiscusso dell’antimafia. Certamente un’opera importante, la sua, ce ne vorrebbero altre 100, forse 1000 per combattere seriamente questa piovra dilagante. Ma quando un autore di un pezzo di storia importante si trasforma in un eroe allora si corre il rischio di creare l’ennesimo fenomeno che intorpidisce, paradossalmente, le nostre menti.

Alessandro Dal Lago, autore del libro “Eroi di carta”, nel quale analizza il fenomeno Saviano-Gomorra definendolo una costruzione letteraria che assolve una certa funzione, in fondo consolatoria e rassicurante, in un mondo in cui il conflitto politico è stato sostituito dalle contrapposizioni morali o moralistiche, ha scatenato polemiche e duri contrattacchi da parte dei paladini difensori dell’eroe, appunto, Saviano. Norma Rangeri in un editoriale su Il Manifesto critica duramente Dal Lago  e nel farlo cita uno dei punti secondo me più importanti della critica di Dal Lago, perché nel fenomeno Saviano-Gomorra è evidente la creazione della camorra come Male Assoluto, mostro, dragone da combattere con la spada lucente dell’eroe. Un’ossessione che funziona come un’arma di distrazione di massa perché la criminalità non si combatte a colpi di moda, perché non ci sono solo i camorristi, perché il capitalismo esiste anche senza la camorra, perché non si muore solo ammazzati dai killer di Casal di Principe ma anche negli altoforni, nei cantieri…

Flores d’Arcais è arrivato addirittura ad invitare il pubblico a non leggere il libro, perché dissacratorio. Un atteggiamento che mostra il lato protettivo di una certa parte di intellettuali (e della sinistra), che opera per mantenere “pura” l’immagine di Saviano come icona del bene contro il male, quest’ultimo rappresentato dal crimine organizzato.

Perché la gente come noi, questo povero popolo oppresso e calpestato purtroppo ha bisogno di eroi. Eroi coraggiosi, senza peli sulla lingua, pronti a sfidare il “potere” o, almeno, una certa parte del potere rappresentata da Silvio Berlusconi contro il quale operano incessantemente tutte le forze del “bene”, come se fosse l’unico problema del nostro paese. Come se, eliminato Silvio, tutto magicamente potesse svolgersi in un clima davvero civile e democratico.

Tra questi eroici paladini non possiamo non citare Santoro, Travaglio, Grillo, Di Pietro e lasciamo anche un piccolo spazio per quel santo anonimo precario che per mesi ha gestito magistralmente la regia di un popolo viola oggi ancora attivo, pur con mille sfumature , e sempre alla ricerca di un’identità ma certamente impegnato in una battaglia che va ben oltre l’iniziale richiesta “BERLUSCONI DIMETTITI!” del 5 dicembre 2009.

Anche questi miti dell’opposizione devono essere preservati da ogni critica, mantenuti puri affinché non perdano quell’alone che permetta loro di catalizzare la rabbia, l’indignazione, la richiesta insistente di una voce fuori dal coro, di qualcuno che abbia il coraggio di difendere un’Italia che sprofonda in una crisi quasi senza via d’uscita.

E così quando qualche giorno fa sul Corriere è stato pubblicato l’ennesimo articolo che evidenziava le ambiguità di Di Pietro, con i riferimenti ad affari immobiliari, l’ormai famosa foto con Bruno Contrada (dirigente del Sisde), il business dell’An.To.Cri e quel “marcio in Danimarca” già evidenziato dallo stesso Flores d’Arcais, con riferimento ad alcune figure poco pulite nelle file dell’IDV, ecco unanime la reazione, una chiara “strategia eversiva nei confronti di Di Pietro, un’informazione deviata e schierata contro di lui. Mancano solo i giudici comunisti. Chi ci ricorda?

Eppure esempi lampanti di alcuni politici IDV legati alla ‘ndrangheta sono ormai sotto gli occhi di tutti e sono fatti, non illazioni, non eventi mediatici, come dimostrano le attente osservazioni de La Casa della Legalità sui legami tra il boss della ‘ndrangheta Onofrio Garcea e la candidata IDV Cinzia Damonte.

Il grande paladino, Di Pietro, che oggi giustamente si oppone al DDL meglio noto come legge bavaglio, tuttavia non ha gradito che fossero rese note, a suo tempo, le faccende relative all’immobiliare AnToCri, da “La Voce della Campania”.

E pur avendo chiarito gli aspetti giudiziari di quella faccenda, resta tuttavia una questione per noi ben più importante, quella morale, quella sul piano etico, perché se è vero che abbiamo bisogno di eroi allora chi si candida a questo ruolo dovrebbe farlo con maggiore trasparenza, coerenza e moralità, nonostante le parole di grande solidarietà espresse da Beppe Grillo sul suo Blog!

Nel suo perfetto stile Grillo (o chi posta a suo nome sul blog) definisce l’articolo sul Corriere come “merda mediatica”, scritta in difesa degli interessi del legittimo proprietario, Silvio Berlusconi, per screditare le poche voci dell’opposizione, e così la vittima di questi attacchi, Tonino, diventa un martire. Ed ecco l’ennesimo eroe, le cui macchie vanno sempre e comunque “ripulite” o ridimensionate.

Ma davvero possiamo affidare a Di Pietro l’alternativa, il nuovo per il nostro Paese? Ad un  partito-uomo chiediamo di ricostruire una reale democrazia partecipativa? Come gestisce Di Pietro i rimborsi elettorali delle liste dell’IDV? Con un’associazione composta da tre persone, lui, la moglie e la Mura. Il bilancio lo approva lui (Presidente) ed eventuali nuovi ingressi nell’associazione possono avvenire con un atto notarile firmato sempre da lui. Questa non è una critica, ovvio che in Italia i partiti sono liberi di fare onlus, associazioni, aziende e scegliere la forma che meglio ritengono adatta a svolgere il ruolo ad essi assegnato, anche facendo profitti, certo. Ma ai cittadini spetta il dovere di conoscere anche questo aspetto di chi si presenta come “alternativa” e poi giudicarlo secondo propria coscienza, al di là di ciò che la legge rende più o meno lecito. E siamo di nuovo alla questione di partenza che è morale, ed etica.

E in questo senso tra i tanti paladini dell’opposizione anche Grillo dovrebbe chiarire alcune ambiguità pericolose, perché alcune omissioni sul sul blog (mi riferisco a temi volutamente non riportati sulla sua piattaforma), alcune cancellazioni di commenti evidentemente scomodi, alcune posizioni troppo schierate anche al punto di negare l’evidenza, come nel caso dell’appoggio a Di Pietro, rischiano di ledere un movimento che fino a questo momento ha saputo restituire fiducia a migliaia di  cittadini che hanno visto nel 5 stelle la possibilità di una rinascita “dal basso”.

Non si può sempre ridurre tutto ad una questione giudiziara, è fuorviante e pericoloso e se così fosse cadrebbe anche l’impianto accusatorio contro Silvio Berlusconi, visto che almeno sino a questo momento la giustizia non l’ha ancora condannato ! Non possiamo più tollerare una politica filtrata da sentenze dei magistrati come unica soluzione, vogliamo riappropriarci del  nostro ruolo, essere liberi di esprimere giudizi e opinioni, non ci servono “filtri” alle informazioni ci servono, anzi, TUTTE le informazioni e va lasciato a noi, non solo ai giudici, il diritto di giudicare con la nostra coscienza individuale e collettiva.

Anche Travaglio, adesso, dovrebbe dare qualche spiegazione. Dovrebbe darla moralmente, perché giuridicamente ha già perso. E’ di questi giorni, infatti, la sentenza del Tribunale Civile di Roma che dispone l’immediato ritiro della contestata nuova edizione del libro-simbolo “L’odore dei Soldi“, ripubblicata nel novembre 2009, senza alcuna autorizzazione da parte di Veltri, menzionato come curatore degli aggiornamenti dell’opera (mentre tali aggiornamenti sono da attribuirsi per intero esclusivamente a Marco Travaglio). Veltri dunque non aveva mai autorizzato la pubblicazione della nuova edizione, nella quale si sono aggiunte cento pagine da lui non condivise. Stiamo parlando di un caso letterario “cult” tra le fila dell’anti-berlusconismo, con 350mila copie vendute, un best seller unico nel suo genere. In un suo articolo di chiarimenti sulla vicenda, Veltri spiega quali sono le distrazioni di questo libro che, in riedizione, avrebbero potuto essere risistemate per migliorarne la qualità: “Distrazione totale sulla intervista a Borsellino; omissioni superficiali sulla trattativa mafia-Stato; eccesso di zelo su un processo che con L’odore dei soldi c’entra come i cavoli a merenda e che per uno degli indagati, il GIP De Angelis, “magistrato severo e preparato” secondo lo stesso Marco, ha archiviato perché l’accusa era fondata  su una “mera e fantasiosa illazione”.

Immagino che questa notizia passerà quasi inosservata o verrà usata “strumentalmente” per diffamare l’opposizione dai media controllati dalla famiglia Berlusconi, tuttavia auspico che ciascuno faccia le proprie riflessioni analizzando semplicemente i fatti, senza iniziare il tormentone  del “difendiamo il paladino Travaglio, Di Pietro, Grillo, etc etc etc..”.

Perché la gente come noi, questo povero popolo oppresso e calpestato purtroppo ha bisogno di eroi. Ma anche no!

O meglio, ha bisogno di ritrovare in sè stesso un eroe. Ognuno di noi può e deve diventare un eroe, un paladino, non tanto della legalità quanto della giustizia sociale, della moralità, della difesa del più debole.

Non c’è altra strada per costruire un’altra Italia e, forse, un altro mondo, se non quella di essere NOI i primi a cambiare. E senza eroi. Perché va bene ammirare il lavoro preciso e puntuale di un giornalista d’inchiesta come Travaglio sui guai giudiziari di Berlusconi, ma intorpidisce pensare che questo sia l’unico reale problema da risolvere, al pari della Camorra contro la quale giustamente Saviano  si scaglia, mettendo a repentaglio la propria sicurezza è per questo è da ammirare.  Ma non da idolatrare.

Il pensiero di ogni individuo, anche se semplice, è potenzialmente centrale e vitale al pari di chiunque altro, perché vogliamo cittadini (del mondo) che possano avere nuovamente fiducia nel loro potenziale critico, intellettivo, morale, e che da questo sappiano trovare l’autostima necessaria per agire e costruire il cambiamento, dal basso. Se non crediamo di poterlo fare (e per questo serve autostima), se lasciamo che ci tolgano la speranza, allora abbiamo già perso.

Benvengano le voci contro, ma non lasciamo solo a questi paladini il compito di cambiare, tocca a noi, adesso, fare qualcosa. O sarà davvero troppo tardi.

Simonetta Zandiri

Articolo gentilmente concesso da: www.violapiemonte.org

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