Ibn Battuta, viaggiatore dell’Islam

Viaggiare vi lascia senza voce, poi farà di voi un cantore

Abou Abdallah Mohammed Ibn Mohammed Ibnou Ibrahim, detto Ibn Battuta (piccola anatra, per il fatto che era leggermente claudicante), il più grande viaggiatore del Medio Evo, nacque in seno ad una famiglia di giuristi, il 24 febbraio 1304 a Tangeri, in Marocco, una delle principali città commerciali del Mediterraneo di quell’epoca. Nel 1325, all’età di 21 anni, questo viaggiatore geografo, quasi contemporaneo di Marco Polo (1254-1324), intraprese un pellegrinaggio alla Mecca, dal quale ritorno soltanto 25 anni più tardi. Visito’ l’Africa del nord, l’Egitto, l’Alto Nilo e arrivo’ in Siria nel 1326. Due mesi dopo, lasciando l’Arabia, Ibn Battuta si reco’ in Irak, poi nell’Iran meridionale, centrale e settentrionale, torno’ in Irak, a Bagdad, per poi ritornare in Arabia dove soggiorno’ per tre anni (1327-1330), per compiere, uno per anno, i pellegrinaggi alla Mecca. Parti’ poi per il Mar Rosso, lo Yemen, la costa africana, Mogadiscio e le compagnie dell’Africa orientale,  prosegui’ per il golfo Persico e si reco’ nuovamente in pellegrinaggio alla Mecca nel 1332. Quarto viaggio: questa volta è l‘Egitto, la Siria, l’Asia minore, i territori mongoli nella Russia del sud, visito’  Costantinopoli, l’Afganistan da dove Ibn Battuta guadagno’ la valle dell’Indo nel 1333 per soggiornare a Delhi sino al 1342. Da questa città parti’ poi per raggiungere le isole Maldive dove soggiorno’ un anno e mezzo: sarà il suo quinto viaggio. Dalle isole Maldive si sposto’ poi a Ceylon, poi il Bengala, l’Assam, Sumatra, la Cina con le città di Canton e Pechino. Settimo viaggio: da Sumatra a Malabar ( 1347)) sino al golfo Persico, poi Bagdad, Siria, Egitto e nuovo pellegrinaggio in Arabia. Di ritorno in Egitto, ad Alessandria, Ibn Battuta si imbarco’ per Tunisi (1349) sbarcando in Sardegna su di un battello catalano; rientrerà per l’Algeria, Fès, il reame di Granada e il Marocco, suo paese natale. Un nono e ultimo viaggio nel 1352 verso il Sahara e i paesi del Niger, poi visito’ il Mali. Nel 1354, dopo tutte queste peregrinazioni che gli fecero compiere circa 120.000 km con i mezzi di trasporto dell’epoca, Ibn Battuta torno’ alla natale Tangeri dove, dietro domanda del sultano merinide Abou Inân, detto’ i suoi ricordi al segretario del principe, Ibn El-Djozâi. Terminata nel 1356, la sua opera  dal titolo “Regalo prezioso per quelli che considerano le cose straniere delle grandi città e le meraviglie dei viaggi“,  più conosciuto sotto il nome di “Rihla“, termine generico che designa i diari di viaggiatori arabi. E’ un libro di incommensurabile ricchezza. Ibn Battuta descrive numerose culture ignorate o misconosciute. Le considerazioni alle volte vive, precise e rispettose che descrive sulle popolazioni, le culture e le religioni scoperte sono pregne di tolleranza. Da questo punto di vista il grande viaggiatore è considerato come uno dei più grandi precursori dell’etnografia moderna. A questo punto della sua vita le tracce si perdono; non si sa cosa fece sino alla sua morte avvennuta nel 1368 o forse nel 1377. Alcuni storici lo vedono occupare un posto di cadi‘ a Tangeri, altri danno per certa la sua venuta a Marrakech dove termino’ la sua vita terrena. Nella storia della geografia araba la Rihla di Ibn Battuta occupa un posto strategico. Se, in difetto di geografia, si parla più giustamente di pittura di uno spazio, la comparazione di Ibn Battuta con Ibn Khaldun, altro importante viaggiatore arabo, appare straordinariamente chiara e sintomatica la scelta che poteva operare un musulmano credente nel XIV° secolo. In quell’epoca il mondo arabo-musulmano era traumatizzato dallo choc turco-mongolo, sotto il quale l’antico impero di Bagdad periva, come istituzione e come concetto ispirante la pittura del mondo e i racconti della storia. Ibn Khaldun e Ibn Battuta avevano in comune la loro appartenenza alla scuola malakite attorno la quale, nell’occidente musulmano, l’Islam cristallizzo’ le sue forze di definizione e di resistenza. Ibn Khaldun pero’ contemplava la disperazione della storia musulmana rifutandola, nutrendo di nuovo pessimo gli eruditi. Per Ibn Battuta la riflessione in profondità cedette il posto al movimento che si installo’, posso dire, su tutta l’orizzontalità del mondo e che per il suo dinamismo e la sua allegria fece dimenticare la sparizione del vecchio impero, persuandendo i più pessimisti che anche lontano nel mondo si trovavano altri musulmani e che a discapito della sua unità perduta, l’Islam possedeva una geografia nuova: nuove frontiere dopo l’anno mille. Ibn Battuta fu probabilmente l’uomo che percorse le più lunghe distanze sulla Terra dopo Magellano.

Fonte: My Amazighen

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