Francia legalizzazione cannabis, studio di Terra Nova, pubblicato dal quotidiano Le Monde

Bisogna continuare a criminalizzare l’uso della cannabis in Francia? La domanda trova risposta grazie allo studio di Terra Nova, pubblicato dal quotidiano Le Monde. In numerosi Paesi, la tendenza e’ quella di tollerare un fenomeno che le repressione non sembra controllare. Ma in Francia, paradossalmente uno dei Paesi europei dove il consumo di cannabis e’ maggiore, la legislazione, nell’ambito dei Paesi di diritto, l’evoluzione in materia va a rilento.
Gli studi mostrano che ci sia un flebile legame tra repressione e uso di una droga di consumo. La realta’ francese e’ la seguente: il nostro Paese, la cui legislazione penalizza da cinquanta anni il consumo di cannabis cosi’ come per qualsiasi altra droga, e’ uno di quelli in cui questa sostanza e’ tra le piu’ consumate in Europa.
Dopo la Spagna, la Francia e’ uno dei Paesi d’Europa dove si consuma piu’ frequentemente della cannabis: l’8,44 della popolazione la consuma occasionalmente, piu’ che in Germania (4,5%) o in Belgio (5,1%). La parte di popolazione che in un modo o nell’altro ha consumato della cannabis e’ il 32,12%, che cresce al 45,1% tra i 15-34enni, secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulle droghe e la tossicodipendenza. Paradossalmente, i Paesi Bassi, dove la cannabis e’ legalizzata, non hanno un consumo cosi’ alto.
Di fronte ad una pratica sostanzialmente di massa, la politica francese rimane risolutamente repressiva. La legge non distingue tra cannabis e gli altri prodotti stupefacenti. Legge che, tra l’altro, non ha conosciuto nessuna evoluzione negli ultimi cinquanta anni.
La legge del 31 dicembre 1970 sulla lotta contro la tossicodipendenza, che ritiene l’uso degli stupefacenti come una malattia e un reato, condanna la produzione, la vendita e la cessione di prodotti stupefacenti, ma reprime ugualmente il semplice consumo (fino ad un anno di prigione e 3.800 euro di multa). Il traffico e’ punito fino a dieci anni di prigione, la produzione fino a venti anni. La legge del 17 gennaio 1986 punisce da uno a cinque anni di prigione la vendita o la donazione ad altre persone di stupefacenti per il consumo personale.
In pratica, il consumo e’ punito solo di rado con la prigione. La legge prevede delle pene alternative, per esempio degli stages di sensibilizzazione, ma anche il pagamento di un’ammenda, o la condanna a lavori di interesse sociale.
Da oltre un decennio si pone la questione di un rimaneggiamento della legge, senza che nessun governo sia riuscito a fare qualche passo in materia. Di fatti, secondo i calcoli di Christian Ben Lakhdr, economista specializzato in materia, la spesa pubblica per l’uso di cannabis era nel 2007 di 951,81 euro per la repressione e le spese di giustizia, rispetto agli 81,09 euro per prevenzione e sanita’. Secondo un costo globale stimato da Terra Nova in 568 milioni di euro.
Vediamo nel particolare gli scenari di questo studio:

Scenario 1 – depenalizzazione del consumo. Questa consiste nell’abolire le sanzioni nel caso di possesso di cannabis a fini personali, come in Portogallo e in Spagna. Un tale scenario consentirebbe di ridurre del 55% il costo (di polizia, giudiziario e carcerario) della repressione, cioe’ un risparmio di 311 milioni all’anno, nonche’ di avere nuove entrate fiscali. Inoltre, essa consentirebbe di controllare i prezzi, determinante essenziale della domanda, e non offrirebbe motivi per influenzare il consumo. Il prezzo resterebbe immutato poiche’ i venditori sopporterebbero il medesimo rischio. L’aumento del traffico sarebbe del 16%. Ci sarebbero 6.000 consumatori quotidiani in piu’ (12%), e 309.000 consumatori occasionali in aggiunta.
Scenario 2 – legalizzazione di produzione, vendita e consumo nell’ambito di un monopolio pubblico. La cannabis diventerebbe un bene in vendita come il tabacco. E’ la strada scelta dall’Uruguay: questa opzione permetterebbe allo Stato di giocare sul prezzo per garantire una relativa stabilita’ del consumo. Questo potrebbe portare ad una crescita del 40% del prezzo attuale -6 euro il grammo- a 8,40 euro -l’idea e’ di integrare nel prezzo di vendita sul mercato legale l’equivalente monetario dei rischi (denunce, etc,), dati oggi sconosciuti nel mercato nero.
A 8,40 euro il grammo, con una tassazione al medesimo livello del tabacco (80%), questo consentirebbe di registrare degli “introiti fiscali significativi”, 1,3 miliardi all’anno ed una riduzione drastica delle spese pubbliche di 523 milioni (-92%) grazie alla scomparsa delle spese di giustizia e di polizia, nonche’ di evitare le spese sanitarie supplementari. L’impatto budgettario totale sarebbe di 1,8 miliardi di euro.
Coi prezzi bloccati, il numero di consumatori quotidiani aumenterebbe di oltre il 47%, a 812.000, e gli introiti fiscali salirebbero a 1,6 miliardi, perche’ il mercato nero sparirebbe. L’impatto globale sarebbe di 2,11 miliardi.
Gli autori dello studio stimano che verrebbero creati 13.000 posti di lavoro, essenzialmente legati alla produzione.
Scenario 3 – legalizzazione in un ambito concorrenziale. In questa scelta, il prezzo sarebbe definito dal gioco del mercato, e diventerebbe basso. Questa e’ l’opzione avviata in Colorado. E’ la linea finanziariamente piu’ vantaggiosa, ma comporta un maggiore inconveniente: un forte aumento della diffusione, come conseguenza del calo dei prezzi. Gli autori dello studio stimano che l’aumento del volume sarebbe di circa 270 tonnellate, cioe’ quasi un raddoppio, e quello del numero di consumatori quotidiani sarebbe del 71% (+393.000). Avvicinandosi al milione.
Visto l’aumento del numero di consumatori, malgrado il calo dei prezzi, l’impatto per le finanze pubbliche sarebbe ancora piu’ forte: 1,7 miliardi di euro. La riduzione delle spese pubbliche sarebbe minore (-86%) perche’ quelle sanitarie aumenterebbero. Il guadagno totale arriverebbe a 2,2 miliardi di euro.
La sfida sarebbe sanitaria, e non finanziaria, e gli economisti stimano che lo scenario n.2 “presenta migliori garanzie in termini di controllo della diffusione e di protezione dei piu’ vulnerabili tra la popolazione”. Il mercato nero potrebbe continuare ad esistere, per cui viene proposto di agire in due tempi per emarginarlo: legalizzare ad un costo di vendita vicino a quello attuale, e poi aumentarlo poco a poco.
I ricercatori ricordano che questo approccio, fondato sulla prevenzione e un aumento dei costi, e’ come quello che ha permesso di ridurre il tabagismo.

fonte: aduc

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