Un oscuro luogo del desiderio. I fotografi guardano Roma

Con la pandemia e tutte le tragedie, le preoccupazioni, le complicazioni e le limitazioni che ne sono derivate, e che tutt’ora ancora imperano, la chiusura degli spazi e delle attività legate al Teatro, al Cinema, alle Arti e a molta altra produzione di contenuti culturali hanno portato molti operatori di settore a farsi… resilienti. Chi ha potuto e saputo, ha, cioè, modificato i propri progetti per cercare di salvarli in qualche modo e misura, riuscendo, in molti casi, a proporre qualcosa di diverso e, per certi versi, migliore, rispetto alle pianificazioni di partenza. E’ questo il nostro caso.

Avevamo pensato una mostra collettiva di grandi fotografi riuniti all’insegna di un tema portante, quello della città, del territorio in cui ognuno di loro, differentemente, abita e produce in prevalenza, con l’obiettivo di approfondirlo attraverso lo sguardo fotografico e l’avvincente, articolata narrazione per immagini. Sarebbe stata una bella mostra che avrebbe riunito diverse generazioni, diverse tipologie di fotografia e di sensibilità rivolte alla Capitale.

Con uno dei nuovi DPCM, e le inaspettate, seppur prevedibili e temute, limitazioni, prime tra tutte la chiusura dei luoghi istituzionali espositivi, questa mostra non l’avremmo più potuta realizzare nei posti fisici concordati. Trasformare questa iniziativa pubblica e in presenza in una mostra in remoto e digitale ci è sembrato mortificante per la banalità della sua “traduzione”, che non avrebbe valorizzato e appagato né gli autori né me come curatrice, tantomeno avrebbe usato in modo efficace e contemporaneo le potenzialità “alternative” dello spazio online: di fatto, avrei curato su una piattaforma online la copia assai pallida e rigida di una vivida mostra “dal vivo”.

Cambiare per mantenere e anzi potenziare etica ed estetica, concetti, messaggi, visioni, divulgazione e, insomma, forme e contenuti preventivati e approvati ci è quindi parsa la soluzione migliore. Come procedere? Qui entra in gioco una prima resilienza: strutturando delle videointerviste. Non semplici documentari sulla Fotografia e sui Fotografi rivolti a Roma, però; ecco la seconda resilienza: proporre un’indagine rapporto non solo artistico e professionale dei fotografi coinvolti, ma anche il loro intimo, quotidiano, articolato legame con la città; avremmo, come abbiamo, svelato Roma in modo altro e, parallelamente, raccontato il cuore fotografico dei singoli autori, aggiungendo anche dettagli della propria sfera personale, entrando e mostrando lo spazio più privato delle loro case e dei loro studi romani.

I video hanno ulteriori meriti rispetto a una mostra che, pur perdurando attraverso materiai prodotti, memoria e l’esperienza fatta da ognuno, ha un inizio e una fine, ovvero passa: sono perenni, nel senso che la loro presenza non è temporanea; non solo: possono avere una veicolazione ramificata e capillare su più media e piattaforme.

Sette video, sette interviste, sette visioni, sette concezioni di Roma che si rivela dalle infinite sfaccettature.

Alfredo Covino, Fabio De Benedetti, Luciano Del Castillo, Alessandro Imbriaco, Andrea Jemolo, Anton Giulio Onofri, Flavia Rossi hanno tutti accettato con entusiasmo questa riconversione da una “semplice” esposizione “a tempo” a una serie di singoli video, da me curati e condotti, da un’idea di Stefano Cioffi, prodotti da… realizzati da…

Credo di aver dato prova, con tutta la squadra creatasi grazie a questa collaborazione, che è possibile fare di una criticità una nuova, diversa opportunità.

Un oscuro luogo del desiderio. I fotografi guardano Roma.
Alfredo Covino, Fabio De Benedetti, Luciano Del Castillo, Alessandro Imbriaco, Andrea Jemolo, Anton Giulio Onofri, Flavia Rossi.
a cura di Barbara Martusciello
Da un’idea di Stefano Cioffi, nell’ambito del progetto e festival Flautissimo 2020
Produzione video.

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