“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Italo Calvino, Le Città Invisibili
Siamo teatranti, sentiamo il dovere di proteggere l’arte e la sua funzione sociale inestimabile.
Siamo persone consapevoli di quello che sta accadendo, e siamo convinti che il teatro sia un ottimo strumento di riflessione, di confronto e condivisione, per contrastare meglio l’emergenza, che oltre ad essere sanitaria è diventata sociale. Come lavoratori e lavoratrici rivendichiamo il diritto al lavoro che ci è stato negato in maniera indiscriminata, e denunciamo la totale incapacità delle istituzioni sia politiche che culturali, di proteggere la categoria e di immaginare e attuare concrete e dignitose misure di occupazione e ripartenza.
Non possiamo stare in silenzio e lasciare che coloro che governano lo Stato, i teatri e i luoghi di cultura continuino a mettere in atto politiche di rilancio inefficaci e fallimentari volte a far tornare i conti, agendo in maniera autoreferenziale e troppo spesso per interessi e simpatie personali, modalità già ampiamente diffuse prima della pandemia.
Si parla di Netflix della cultura, di teatro online, come uniche prospettive possibili. Sarebbe come immaginarsi di fare agricoltura o edilizia online, perché il teatro è artigianato, è materia che si crea e prende forma, modifica luoghi, al presente e in relazione. È davvero questo il massimo che delle persone competenti riescono ad immaginare?
In questo stato di emergenza ci sono state imposte delle priorità, tra queste non c’è la cultura, considerata dai burocrati un peso economico, e non una delle risorse fondamentali per il presente e soprattutto per il futuro di una società sana.
Sentiamo quindi l’obbligo morale e civile di manifestare il nostro dissenso, scegliamo di farlo in maniera attiva, perché perseverare con accondiscendenza e omertà vuol dire stare al gioco di chi vince barando.
In questo momento storico dobbiamo individuare le modalità e i luoghi all’interno dei quali il teatro possa continuare realmente ad essere.
Con questo atto di resilienza, che si terrà sabato 23 gennaio 2021 ore 17.30 nel centro della città di Pesaro proprio di fronte al Teatro Rossini, ci innestiamo in uno dei luoghi che il sistema economico protegge nonostante l’emergenza: un luogo di consumo dove le relazioni e i contatti possono avvenire perché funzionali all’economia.
Non si tratta certo di una soluzione definitiva, ma se adesso rappresenta l’unica possibilità per continuare ad essere fisicamente presenti tra la gente, replicheremo, e ci auguriamo che altri e altre come noi prendano coraggio e agiscano.
Questa crisi è anche una grande opportunità per provare a rinnovare forme e strutture creative capaci di superare limiti, confini e pandemie.
Ass.ne Centripeta
Stefano Mereu
Marianna Bianchetti