Joseph Vacher, lo squartatore francese

Joseph Vacher, nasce ( la data è incerta ) da una povera famiglia contadina del sud-est francese; ultimo di quindici figli, cresciuto praticamente da solo, cerca di sfuggire da una vita di fame e di miseria arruolandosi nell’esercito, da cui si congederà ben presto resosi conto della sua avversione alla disciplina. Questa è una storia tormentata, in cui Joseph, assassino, è prima di tutto nemico di se stesso. Sente di covare ed alimentare in modo incontrollato il morbo del “ maligno ”, è conscio di essere un’arma carica pronta ad esplodere. Combatte contro questa consapevolezza; una parte di se non vuole arrendersi alla sicurezza della pericolosità per gli altri: questa luce rimarrà sempre accesa tanto da portarlo più volte a tentare il suicidio. Proverà prima a tagliarsi la gola, poi a spararsi, ancora ad impiccarsi ma mai trovando la morte, quasi fosse un dannato. Quella lucina che ha dentro diventa allora più debole, la sua anima buona sconfitta s’ addormenta: in tre anni uccide sette donne e quattro giovani uomini. Sembra essere completamente insensibile e anestetizzato al dolore altrui. Uccide con violenza inaudita, mutila i corpi delle vittime strappando via i genitali, deturpando i volti per puro piacere. Le sue imprese criminali sono talmente cruenti che gli valgono il soprannome di “ squartatore francese ”: perché non si accontenta di togliere la vita, ma inveisce suo corpi finchè non è esausto, quasi a saziare una rabbia cieca ed assurda. Terrorizza a lungo la campagna di Grenoble, porta una lunga scia di sangue nei boschi di Touman, ed è proprio lì che Joseph è quasi sul punto di trovare la liberazione: viene arrestato. E’ il 4 Agosto 1897, dopo aver compiuto 18 omicidi lo “squartatore francese ” è in manette, ma ironia della sorte il reato che gli contestano è solo quello di offesa alla pubblica decenza, stava solo molestando una coppietta che si era appartata nel bosco. Tre mesi di galera e poi ancora libertà, ancora morte. Ma è adesso che la lucina torna a farsi fiamma, che la sua anima “ buona ” e per troppo tempo sopita riprende forza. Di fronte ai giudici Joseph sente l’ingiustizia di quella sentenza, lui pluriomicida stava per essere incriminato di un reato minore; sembra risvegliarsi da quel torpore che lo aveva reso insensibile alla morte, e parla, parla e confessa. Scrive su un bigliettino di aver ucciso, e di averlo fatto nel modo più brutto: ” Si! Ho commesso io i crimini, li ho commessi Tutti io! ”

All’ età di 29 anni Joseph Vacher viene ghigliottinato sulla pubblica piazza.

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