Dorothea Puente e l’ospizio della morte

La patologia di una mente omicida si connota dei risvolti più temibili e spaventosi: si può mostrare un distacco talmente esasperato nei confronti della “ preda ” da considerarla una mera fonte di ricchezza, un ostacolo da eliminare per raggiungere la condizione di benessere economico. Allora si uccide in serie solo per profitto, per depredare le vittime dei loro beni, quanto più è possibile, in un crescendo di efferatezze. Il killer inizia spesso ponendo un limite alla sua azione, alla crudeltà e allo scempio, ma una volta cominciata questa sadica rincorsa all’oro non è mai sazio e continua finchè non è scoperto e condannato. Accade poi che in numerosi casi questo tipo di delitti rimanga impunito; si tratta infatti di assassini intelligenti, capaci di pianificazione e abili nell’esecuzione degli omicidi, come pure tanto lucidi da scampare ad un’ eventuale identificazione o arresto.
Dorothea Puente, californiana di 57 anni, è una simpatica e distinta signora che gestisce una piccola pensione a Sacramento. Grazie alla sua arguzia e intelligenza riesce a stipulare un contratto con il Dipartimento dei Servizi Sociali per cui si occuperà dei pensionati della contea dietro sovvenzione statale. Inizia così la sua carriera da assassina seriale: il suo diventerà in pochissimo tempo “ l’ospizio della morte ”. Uccide sistematicamente gli ospiti della casa di riposo per appropriarsi dei loro averi; gli omicidi avvengono in un contesto di totale disprezzo per le vittime: sono solo ostacoli che rallentano la sua scalata sociale, dunque vanno eliminati ad ogni costo. Non conta nemmeno il modo con cui uccidere, tanto che viene utilizzata un’ ampia varietà di mezzi lesivi, dal veleno alle percosse; ciò che importa è solo procurare la morte per trarre da essa il massimo profitto. La lista dei pensionati ufficialmente scomparsi è molto lunga: almeno 25 vittime, i loro corpi tutti nascosti nelle lussuosa residenza della signora assassina. E’ proprio lì che i poliziotti fanno visita nell’autunno del 1988, attirati dall’insopportabile fetore dei corpi in marcescenza. Uno spettacolo raccapricciante lascia inorriditi gli investigatori: un cumulo di morti ammassati e putrefatti; un verdetto unanime: pena di morte.

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