«Il Mediterraneo… sono delle strade. Strade per mare e per terra. Collegate. Strade e città. Grandi, piccole. Si tengono tutte per mano. Il Cairo e Marsiglia, Genova e Beirut, Istanbul e Tangeri, Tunisi e Napoli, Barcellona e Alessandria, Palermo e… ». Jean-Claude Izzo, Marinai perduti
Dopo il successo del precedente “Folkpolitik” (dedicato ai canti di libertà), esce il quarto lavoro discografico di Stefano Saletti & Banda Ikona, Soundcity (CD Finisterre FT 67) un disco nato per raccontare il suono delle città di frontiera del Mediterraneo.
Saletti in questi anni ha viaggiato con la sua musica da Lampedusa a Istanbul, da Tangeri a Lisbona a Jaffa, Sarajevo e Ventotene e in questi luoghi ha registrato suoni, rumori, radio, voci, spazi sonori. Partendo da tutto questo materiale ha composto un affresco sonoro che racconta il difficile dialogo tra la sponda nord e sud, i drammi dei migranti, la ricchezza, le speranze, il dolore che attraversano le “strade” del Mediterraneo, cantato, come sempre, in Sabir, la lingua del mare e del possibile dialogo.
Il risultato è un affascinante folk world-mediterraneo, meticciato, una miscela ricca di ritmi e melodie, suggestioni e colori.
Compagni di viaggio di Saletti, polistrumentista che suona oud, bouzouki, saz, chitarra, piano, percussioni, ci sono i musicisti che da dieci anni fanno parte della Banda Ikona: Barbara Eramo (voce), Gabriele Coen (fiati), Mario Rivera (basso), Carlo Cossu (violino), insieme a prestigiosi ospiti Riccardo Tesi (organetto), Lucilla Galeazzi (voce), Nando Citarella (voce e tammorra), Gabriella Aiello (voce), Arnaldo Vacca (percussioni), Giovanni Lo Cascio (batteria e percussioni), Jamal Ouassini (violino), Yasemin Sannino (voce), Awa Ly (voce), Pejman Tadayon (ney, daf), Alessandro D’Alessandro (organetto), Giuliana De Donno (arpa), Emeka Ogubunka (voce).
Un grande ensemble mediterraneo che trasforma la Piccola Banda Ikona nella Banda Ikona.
Prodotto come i due ultimi lavori da Finisterre, il disco si snoda come un concept album: parte e ritorna a Lampedusa, simbolo delle contraddizioni della nostra epoca divisa tra accoglienza, integrazione e la creazione di nuovi muri. Si apre con una preghiera cantata in Swahili, la lingua dell’Africa Orientale, poi arriva in Turchia, dove il canto di una donna a Istanbul il 29 aprile 2013 viene interrotto dalla voce di un passante americano che sembra preannunciare una profezia: “Ci sarà del caos il 1° di maggio”… che si avvera con gli scontri di Gezi Park e la tragica morte del quattordicenne Berkin Elvan.
Una tammurriata notturna a Ventotene, isola di confino e di frontiera, diventa un Padre nostro (cantato in sabir) alla maniera dei pescatori nei porti del Mediterraneo.
A Jaffa una protesta di rabbini blocca la città. Sul porto di Tangeri a fine agosto centinaia di auto di migranti aspettano di imbarcarsi per tornare in Spagna. Il testo è ispirato a un brano tradizionale che dice: “Tu che parti, dove vai? Finirai per ritornare”.
La vita diventa musica, i rumori della realtà si trasformano in melodie e ritmi. Le strade del Mediterraneo risuonano di echi lontani e presenti e ci ricordano che da sempre sono tutte collegate: per mare e per terra.
Banda Ikona
Stefano Saletti: bouzouki, oud, chitarre, piano, bodhran, talking drums, tammorra, marimba, cori , programming
Barbara Eramo: voce
Gabriele Coen: clarinetto, sax
Carlo Cossu: violino
Mario Rivera: basso acustico
con
Giovanni Lo Cascio: drums set, darbouka, davoul, riq, krakeb, talking drums
Arnaldo Vacca: bodhran, canjira, riq, darbouka, daf, udu, zucca, tamburello, talking drums, davoul, shaker, vibraton, castagnette
e
Awa Ly voce (1, 8)
Emeka Ogubunka: voce (1)
Yasemin Sannino: voce (2, 6)
Riccardo Tesi: organetto (2, 5, 6, 7)
Pejman Tadayon: ney (2), ney, daf (6)
Alessandro D’Alessandro: organetto (3)
Lucilla Galeazzi: voce (5)
Nando Citarella: voce, tammorra, bodhran (5)
Giuliana De Donno: arpa (7)
Gabriella Aiello: voce (9)
Jamal Ouassini: violino (10)
Prodotto e arrangiato da Stefano Saletti.
Produzione esecutiva Erasmo Treglia e Pietro Carfì
Registrato e missato al Four Winds Studio (Roma) da Stefano Saletti e Bertrand Morane
Registrazioni addizionali al Pijamasound Studio e al Bazgaz Studio (Roma)
Mastering Fabrizio De Carolis al Reference Studio (Roma).
Cover art e immagini Michel Collet
Artwork Roberto Saletti
I BRANI:
“Sono partito dalle registrazioni che in questi anni ho fatto in giro nelle tante città di frontiera del Mediterraneo: Tangeri, Istanbul, Lisbona, Lampedusa, Sarajevo, Ventotene, Jaffa… Suoni, rumori, radio, voci, spazi sonori, cantanti di strada che mi hanno ispirato melodie, testi, ritmi. Come sempre nelle mie composizioni uso il Sabir, la lingua del mare, insieme al turco, all’arabo, al francese, allo spagnolo, al napoletano, allo swahili africano, al rumeno, al macedone per raccontare la ricchezza, le speranze, il dolore che attraversano le “strade” del Mediterraneo.
Infine, essendo cresciuta non è più una Piccola Banda Ikona ma la Banda Ikona, un insieme di splendidi amici e musicisti con i quali condivo questo viaggio in musica”.
Stefano Saletti
1 – Lampedusa andata: Una preghiera sul mare di Lampedusa cantata in Swahili, una lingua dell’Africa Orientale. La speranza di una nuova vita affidata al mare: “Padre nostro che sei nei cieli, amen, sia santificato il tuo nome”
2 – Berkin’e bak: Il canto di una donna a Istanbul il 28 aprile 2013. “Ci sarà del caos il 1 di maggio” dice un americano che passa… Così è stato. A Gezi Park dopo gli scontri con la polizia morirà un ragazzo di 14 anni, Berkin Elvan. La melodia è ispirata a un tema tradizionale armeno. Il brano è cantato in sabir e in turco. Berkin’ e bak significa “Guarda Berkin”.
3 – Balar tzigana: Cantato in sabir e in rumeno: “Balla per tutta la sera, per tutta la sera qui vicino a me, fino all’ultimo respiro frutto dell’amore. E l’anima si salverà”
4 – Azinhaga: Un vecchio per le strade di Lisbona canta un salmo della Bibbia. Azinhaga è il nome del paese dove è nato Josè Saramago come racconta nel suo libro “Pequenas memórias”. In portoghese significa sentiero e deriva da una parola araba, as-zinaik, «via stretta». E’ cantato in sabir e portoghese.
5 – Padri di noi: Una tammurriata notturna a Ventotene, isola di confino e di frontiera, a settembre 2014 con la Madonna della Grazia suonata sulle rocce. Diventa un Padre nostro su un testo tradizionale in sabir (con al centro una parte in napoletano) che cantavano i pescatori nei porti del Mediterraneo.
6 – Sarajevo mon amour: Il titolo è ispirato al libro di Jovan Divjak, eroe della difesa di Sarajevo nella guerra dei Balcani del 1992-1995. E’ cantato in sabir e in turco.
7 – Gaza Beach: Un missile uccide un bambino sulla spiaggia di Gaza. L’immagine fa il giro del mondo, l’ennesima vittima innocente di una guerra infinita. Cantato in sabir e in arabo: “La sabbia si tinge di rosso, la palla scivola deviata dal soffio, ti colse un abbraccio, adesso tu voli. O notte, andare o restare…”
8 – Sbendout: A Jaffa una protesta di rabbini blocca la città. In Occidente si chiudono le frontiere. Sbendout in sabir significa bandito. E’ cantato in sabir, francese e spagnolo: “Sono migrante, sono bandito, sono la paura del tuo passato, sono bianco, sono nero, non ho alcun colore”
9 – Balkan trip: Le nuove rotte delle migrazioni passano per i Balcani, con antiche e nuove paure. Cantato in sabir e macedone.
10 – Tangeri: Sul porto di Tangeri a fine agosto centinaia di auto di migranti aspettano di imbarcarsi per tornare in Spagna. Il testo è ispirato a un brano tradizionale che dice: “Tu che parti, dove vai? Finirai per ritornare”. La melodia è ispirata da un tema tradizione ebraico marocchino su un classico andamento ritmico urbano del Marocco. E’ cantato in sabir e arabo.
11 – Lampedusa ritorno