Mad Max: Fury Road

Siamo in un catastrofico e desertico futuro dalla collocazione temporale imprecisata, nel quale, a seguito di calamità e conflitti termonucleari, la società civile è stata completamente distrutta facendo cadere il pianeta nelle mani di predoni.
L’ex poliziotto Max Rockatansky viene catturato e condotto nella Cittadella, un insediamento tra le aride colline, dove il tiranno Immortan Joe esercita il proprio controllo sulla popolazione attraverso il possesso dell’unica fonte d’acqua della zona. Improvvisamente un membro fidato nell’organizzazione di Immortan decide di ribellarsi.
Della trilogia di Mad Max abbiamo un ricordo assai vago, data la giovane età che avevamo al momento della prima, nonché per ora unica visione. Ricordiamo però che il primo, Interceptor (del ’79), ci parve un buon film, il secondo, Interceptor – Il guerriero della strada (’82), un ottima pellicola mentre il terzo, Mad Max – Oltre la sfera del tuono (’85), stentava parecchio, scivolando qua e là e non riuscendo mai a prendere il volo. Nel complesso una buona trilogia che merita lo status di cult che gli è stato attribuito e della quale avremmo voluto effettuare un rewatch (ma ahinoi il tempo è tiranno) prima di gustarci questo Mad Max: Fury Road, film del 2015 diretto e scritto dal settantenne George Miller, autore di tutti i film della saga.
Miller si ripresenta a ben trent’anni di distanza con un…. un…. sequel? remake? prequel? reboot? Diciamo una sorta di ibrido che riavvia la saga e in parte pare cancella gli avvenimenti del terzo capitolo (Miller è consapevole del fatto che sia il meno riuscito), anche se non ne siamo certi.
Siamo però assolutamente certi di due cose, cioè che potete gustarvi questo Mad Max senza aver visto i precedenti e che questo film è una figata PAZZESCA! Miller l’ha imbroccata. Riprendendo la sua creatura e adattandola alla perfezione ai tempi correnti ha sparato fuori uno dei film più adrenalinici degli ultimi anni.
Il mondo di Mad Max è il frutto deforme, intarsiato da un esasperato edonismo individualista, di rimasticature ideologiche (dall’ideologia kamikaze a quella delle crociate) e dogmi religiosi (Valhalla e immortalità) che fungono da copertura sociale per i più infimi e informi impulsi umani.
Concettualmente interessante tanto quanto visivamente affascinante, e da questo punto di visto il merito spetta alla visionarietà del design dei costumi, veicoli e ambientazioni e alla sua cura (da applausi) per il dettaglio, a cui si sposa la bella fotografia di John Seale. C’è sporcizia, sangue, malattia e sabbia, talmente tanta sabbia che alla fine della proiezione te la ritrovi persino nelle mutande.
Sebbene sia un concentrato di folli inseguimenti nel deserto, Tom Hardy, l’attore dai grandi deltoidi e dall’ampio talento, e Charlize Theron, luce dei nostri occhi, si mettono persino a recitare, permettendo al film di non cedere nei momenti in cui l’azione deve fisiologicamente rallentare; non sono le interpretazioni del secolo, visto che non è certo questo momento e luogo, ma i due una bella pacca sulla spalla la meritano. Il prossimo a dire che in film del genere il talento attoriale non serve si beccherà un pugno sul grugno direttamente da Tom.
La sceneggiatura è funzionale allo scopo del film, ossia inseguimenti e mazzate, ma ha il pregio di non cadere mai in banalismi e di non prendere in giro il pubblico. La regia riesce, con semplicità ed efficienza, a tenere sempre la riga, complice un utilizzo ben calibrato della CGI, meno presente e invasiva di quanto si potesse pensare.
Ma Mad Max: Fury Road potrebbe lasciare un piccolo segno nella storia del cinema d’azione contemporaneo, grazie al montaggio. Questo, ad opera di Jason Ballantine e Margaret Sixel, è oltre la soglia della perfezione, con la testa che fa capolino nel campo della sperimentazione (sì, gente, avete letto bene… sperimentazione) tanto è abile nel gestire con precisione assoluta e in modo inedito una mole immane ed intricata di personaggi, veicoli e movimenti frenetici in spazi spesso molto ristretti, senza mai confondere lo spettatore Un uso così innovativo del montaggio nel cinema hollywoodiano (e non solo) non lo si vedeva dai tempi di Memento (sebbene avesse una valenza e fine diversi) di Christopher Nolan.
Un film folle e ipercinetico al punto da frammentarsi e divenire pura sensazione che percuote lo spettatore per le due ore di durata di questo rocambolesco e frenetico inseguimento. Questo Mad Max: Fury Road, a braccetto con i The Raid di Gareth Evans, finirà per renderci ancor più intransigenti con i vari Bay, Snyder, Liebesman. Idioti, guardate come si fa intrattenimento caciarone.
E’ un capolavoro, come afferma qualcuno? No, però è gigantesco. Sorprendentemente gigantesco. Miller non è cialtrone e la minestrina riscaldata la getta via piuttosto che servila. Si spinge, si rischia, si crea, partendo da una base forgiata nella precedente trilogia.
Vi siete esaltati per lo scontro tra Hulk e Iron Man? Qui in una scena c’è Charlize Theron che lotta contro Tom Hardy e l’esito dello scontro non è certo.
Due ore di pura goduria.
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