Jorge Luis Borges

Saggista, poeta e narratore argentino, nato a Buenos Aires nel 1899 e morto a Ginevra nel 1986.
Bambino precoce, dal 1914 al 1921 trascorse con la famiglia brevi periodi in Svizzera e in diversi paesi europei. Tornato a Buenos Aires fondò la rivista “Proa”, organo dell’ avanguardia letteraria argentina e in particolare del movimento ultraista. Nel 1923 pubblicò la sua prima raccolta di poesie Fervore di Buenos Aires, dal tono sentimentale e nostalgico e arricchita dalle illustrazioni della sorella Norah; nello stesso anno collaborò con la rivista “Martin Fierro”. Dopo aver scritto altre opere pubblicò Evaristo Carriego (1930), biografia di un poeta argentino nato nel 1883 e morto nel 1912. Nel 1931 partecipò alla creazione della rivista “Sur”, Fondata da Victoria Ocampo, che sperava di diffondere tra il pubblico ispano-americano la letteratura europea vietata dalla censura (in particolare l’opera di Huxley, Lawrence e Malraux). Scrisse la Storia universale dell’infamia (1935) e La storia dell’eternità (1936), variazioni più o meno originalidi testi poco conosciuti; si tratta di esercizi di prosa narrativa che, secondo lo stesso Borges, fanno uso eccessivo di enumerazioni eterogenee e di brusche soluzioni di continuità: tali procedimenti diventeranno poi sistematici nelle opere successive. Due raccolte di novelle, Finzioni (1941-1944) e L’Aleph (1949), fanno di lui un maestro del genere fantastico, spesso paragonato a Poe e Kafka, e rivelano una cultura universale che gli permette sorprendenti parodie di erudizione. Traduttore delle opere di virginia Woolf e di Hanry, Michaux, Borges deve la sua originalità alla dimensione metafisica dei suoi racconti, che mostrano una logica implacabile e un tono poetico e spesso umoristico (il manoscritto di Brodie, 1970 ; Il libro di sabbia, 1975) ; la raccolta Discussione (1964), invece, contiene alcuni studi brillanti, a volte discutibili, su Withman, Flaubert e la letteratura ghauchesca. Nel frattempo scrisse altre opere con la collaborazione di Adolfo Casares.
Divenuto praticamente cieco nel 1938 a seguito di un incidente, iniziò, nel 1952, la pubblicazione completa delle sue opere: Obra poetica, L’oro delle tigri (1974), La rosa profonda (1976), Rosa e blu (1977), La cifra (1981), I congiurati (1985)

Nonostante fosse vittima del regime di Peron, Borges ha spesso stupito l’opinione pubblica internazionale con le sue dichiarazioni anticonformiste contro Cuba, il Vietnam e le minoranze di colore negli Stati Uniti, o quelle a favore delle dittature di Franco e Pinochet e della giunta militare argentina. Ma le sue opinioni politiche notoriamente conservatrici non rientrano mai nella ricca e vasta opera che va sotto il suo nome. Nell’opera di Borges L’elemento fantastico è sempre accompagnato dall’uso deliberatamente “irragionevole” della ragione: l’irrazionalità sottomessa ai propri principi e poteri, tale disordine interno del pensiero in sè non da però origine al fantastico, ma presuppone una riflessione sulla condizione del reale e sulla natura del soggetto che la percepisce. La realtà, così come la si intende comunemente è un effetto del pensiero e del sè privo di coerenza e di certezza: il giudizio del reale e il realismo sono solo artifici. Di conseguenza il racconto fantastico richiede una critica del romanzo realista o psicologico, in cui l’ossessione del verosimile si risolve in concatenazioni sistematiche legate dalla legge della casualità. Questa sistematicità non prova nulla ma mostra solo il carattere informe della realtà e di qualsiasi opera voglia rappresentarla fedelmente. In questa prospettiva il romanzo, atto dell’intelligenza, rifiuta di considerare la propria essenza. Il racconto fantastico, scegliendo l’elemento immaginario, e cioè la creazione esplicita di un universo di simboli, fa lucido uso del principio di casualità fino alla mistificazione. Queste dottrine filosofiche ed estetiche non impedirono a Borges di ricorrere ai temi e ai motivi del fantastico tradizionale, da lui stesso definiti nel 1949 ” l’opera dentro l’opera ” , ” il dualismo del sogno e della realtà ” , ” il viaggio nel tempo e nei paradossi temporali ” . In questo modo lo scrittore sottolineava la stretta parentela esistente tra questi temi: il sogno non esiste senza il doppio , il doppio non esiste senza l’inversione temporale, l’inversione temporale non esiste senza l’identità dei contrari, questa identità richiama le immagini della circolarità e della totalità dei tempi e delle opere. Si tratta di un labirinto assoluto: ne Le rovine circolari ( contenuto nella raccolta Finzioni ) , un uomo vuole sognare un uomo e renderlo parte integrante della realtà, riesce nel suo intento ma si rende conto di essere lui stesso il sogno di un altro. In questo modo non c’è nessun ordine certo ma prevalgono le associazioni e le equivalenze tra gli oggetti e le figure spaziali conseguenti, in questo modo la rappresentazione dell’ordine è l’immagine esatta del disordine, nonchè la prova dell’equivalenza tra razionale e irrazionale. Espressione critica del realismo estetico, il fantastico Borges diventa il metro di paragone di tutte le incertezze e l’espressione dei paradossi che suggellano l’ambivalenza di pensiero e linguaggio. Ma il pensiero e il linguaggio devono spingersi fino al fantastico, poichè solo in tale campo possono manifestare la propria identità.

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