Cagliostro, parte I

Cagliostro, al secolo Giuseppe Balsamo, conosciuto soprattutto con il nome di Alessandro conte di Cagliostro (Palermo, 2 giugno 1743 – San Leo, 26 agosto 1795).

Fu condannato dalla Chiesa cattolica al carcere a vita per eresia e rinchiuso nella fortezza di San Leo.

Giuseppe Balsamo, nato da Pietro Balsamo, un venditore palermitano di stoffe, e da Felicita Bracconeri, fu battezzato l’8 giugno 1743 con i nomi di Giuseppe, Giovanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio e Matteo.

Il padre morì poco tempo dopo la sua nascita e Giuseppe fu accolto nell’istituto per orfani di San Rocco dove compì i primi studi, seguito dalla cura degli Scolopi. Da quel collegio Giuseppe fuggì più volte, a testimonianza di un carattere giudicato ribelle a ogni educazione: per questo motivo la famiglia pensò bene di affidarlo, nel 1756, al convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone, affinché vi temperasse l’indole e vi imparasse un mestiere; così, nel convento, che era annesso all’Ospedale dello Spirito Santo, Giuseppe si interessò di erbe medicinali, delle loro proprietà e delle tisane utilizzate dalla medicina dell’epoca, una conoscenza che gli tornerà utile negli anni a venire.

Non è chiaro se scappò anche dal convento o se semplicemente vi fu dimesso; in ogni caso, tornato a Palermo, si rese responsabile di una truffa ai danni di un orafo, e per sottrarsi ai rigori della giustizia, sarebbe fuggito a Messina, dove avrebbe conosciuto un certo Altotas, forse un greco o forse uno spagnolo, con il quale avrebbe viaggiato in Egitto, a Rodi e a Malta, e che Cagliostro indicò come suo primo maestro, che l’avrebbe introdotto, nel 1766, nell’Ordine dei Cavalieri di Malta; queste notizie furono tuttavia fornite da Cagliostro in un suo Memoriale del 1786, nel quale egli intendeva sostenere la leggenda di una sua eccezionale formazione spirituale e vanno pertanto ritenute altamente improbabili: quello che è certo, è che sulla figura dell’Altotas la storia non ha mai fatto alcuna luce.

Nel 1768 il Balsamo è a Roma e vi è arrestato per una rissa nella Locanda del Sole, in piazza del Pantheon: dopo tre giorni, è rilasciato grazie all’intervento del cardinale Orsini, il maggiordomo del quale, don Antonio Ovis, aveva nel frattempo conosciuto. È ancora nel 1768, il 21 aprile, che Balsamo si sposa nella chiesa di San Salvatore in Campo con Lorenza Serafina Feliciani, una bella ragazza nata l’8 aprile 1751, analfabeta, figlia di un orafo. Il certificato di matrimonio è tuttora conservato e attesta che il Nostro si chiama effettivamente Giuseppe Balsamo ed è figlio del fu Pietro, palermitano: non vi è traccia di alcun titolo nobiliare, né in particolare del nome di Cagliostro.

A Roma il Balsamo, discreto disegnatore, vive falsificando documenti in complicità con due conterranei, un sedicente marchese Alliata e un certo Ottavio Nicastro, che morirà impiccato per aver ucciso l’amante. È proprio quest’ultimo, insieme con il suocero di Cagliostro, a denunciarlo come falsario e allora Giuseppe e Lorenza, con il marchese, abbandonano Roma per un lungo viaggio che li porta fino a Bergamo: qui, continuando la prediletta attività di truffatori, vengono entrambi arrestati, mentre l’Alliata riesce ancora a fuggire. Rilasciati, si trasferiscono in Francia – ad Aix-en-Provence conoscono Casanova, che definisce Balsamo «un genio fannullone che preferisce una vita di vagabondo a un’esistenza laboriosa» – e ad Antibes, dove con i proventi della prostituzione di Lorenza, si procurano il denaro per raggiungere, nel 1769, Barcellona.

Anche qui Lorenza viene spinta dal marito nell’accogliente letto di ricchi personaggi: insieme con uno di questi, un tale marchese di Fontanar, raggiungono alla fine dell’anno Madrid: mantenuti nel palazzo del marchese, cercano intanto di guadagnare l’amicizia di influenti personalità della capitale spagnola. Cacciati alla fine di casa, nel 1770 si trasferiscono a Lisbona, dove Lorenza diviene l’amante del banchiere Anselmo La Cruz.

L’anno dopo la coppia è a Londra: qui Cagliostro cerca perfino di guadagnarsi la vita onestamente disegnando pergamene, ma con poco successo e ancor meno profitto; perciò, con la complicità di un altro sedicente marchese, un siciliano di nome Vivona, organizza un ricatto ai danni di un ingenuo quacchero che, spinto ad amoreggiare dalla compiacente Lorenza, viene sorpreso da Cagliostro che, fingendosi scandalizzato per il tradimento della moglie, pretende che il suo onore debba essere risarcito soltanto con un’abbondante somma di denaro. Derubato però dall’infido complice, il Balsamo, rimasto insolvente con la padrona di casa, deve fare la conoscenza anche delle galere londinesi; ma il ricco sir Edward Hales, conosciuto, si può immaginare come, da Lorenza, lo tira fuori dal carcere pagandogli i debiti e, illudendosi che Cagliostro sia un bravo pittore, lo incarica di decorargli alcune sale del suo castello: naturalmente, veduti i disastrosi risultati dell’improvvisato affrescatore, lo caccia via, senza immaginare che l’italiano, tra una maldestra pennellata e l’altra, gli ha intanto sedotto la figlia.

Seguendo un vecchio copione, emigrano nuovamente: imbarcati il 15 settembre 1772 per la Francia, durante il viaggio conoscono l’avvocato francese Duplessis, amministratore dei beni della marchesa de Prie e, sulla traccia di quello stesso copione, giunti a Parigi e alloggiati nel palazzo de Prie, Lorenza diviene l’amante prezzolata del Duplessis sotto lo sguardo compiaciuto del disinvolto marito. Ma questa volta si assiste a un colpo di scena: Lorenza sembra voler cambiar vita, sistemarsi con quell’avvocato che, oltre a godere di notevoli rendite, appare perfino innamorato di lei. Rompe così con Cagliostro e, se non convive apertamente col Duplessis, perché una tale iniziativa, per una donna legalmente coniugata, costituirebbe un reato, va ad abitare in un alloggio pagato dall’avvocato e, con l’approvazione della marchesa, denuncia Cagliostro per sfruttamento della prostituzione.

A seguito della controdenuncia del Balsamo per abbandono del tetto coniugale, Lorenza è arrestata e passa quattro mesi nelle carceri parigine di Sainte-Pelagie; pur di uscirne, nel giugno del 1773, ritira la denuncia e ritorna col Cagliostro. Nuovi viaggi: Belgio, Germania, Italia, Malta, Spagna e infine, nel luglio 1776, nuovamente a Londra.

Anche se adottò definitivamente il nome di Alessandro Cagliostro, a Londra la sua vita non mutò: entrò e uscì dal carcere a causa di diverse truffe consumate – predizioni sui numeri estratti nel gioco del lotto o sottrazione di gioielli ai cui proprietari faceva credere di aumentarne il valore grazie alle proprietà miracolose di una polvere di sua invenzione – finché, il 12 aprile 1777 decise di iniziarsi, insieme con la moglie, alla Massoneria, nella loggia “L’Espérance”, sita in una taverna di Soho.

Passati in Olanda, i due coniugi sono accolti a L’Aja nella loggia L’Indissoluble; sembra che il suo lunghissimo discorso, tenuto in una lingua in cui sono presenti parole di tutta l’Europa senza che nessuna sia pronunciata correttamente, abbia avuto grande successo e anche la moglie, che ora si chiama Serafina, contessa di Cagliostro, è riconosciuta valente massone. Ma era tempo di frequentare paesi nuovi: nel 1779 sono in Germania e poi in Curlandia, parte dell’attuale Lettonia, nella capitale Mitau, oggi Jelgava. Spacciatosi per colonnello spagnolo, tiene riunioni in cui fa credere di appartenere a una società segreta, organizzata secondo cinque livelli di elevazione spirituale, di avere e di far avere visioni mediante l’idromanzia, di evocare spiriti, di essere un sapiente la cui conoscenza si trovava In verbis, in herbis, in lapidibus, nella parole, nelle erbe e nelle pietre, il motto della sua setta. Semianalfabeta e improvvisatore, commette inevitabili errori di gusto, come quando dichiarò di essere in grado di soddisfare, con un sortilegio, qualunque desiderio sessuale o quando sostenne di essere figlio di un angelo.

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