Karto, la musica è un’esigenza! L’intervista.

Cosa ti ha spinto verso la musica?
Che dire…ascoltare musica mi ha sempre scatenato dentro un bagliore che mi rimette in pace con me stesso. Le mie emozioni diventano tutt’uno con le onde sonore. La musica e’ sempre stata la colonna sonora dei miei sogni. E i miei sogni sono diventati la colonna sonora della musica.
Quando ho scoperto lo strumento ho iniziato a suonare io la musica. E capisci quale piacere e quali immense opportunità di comunicazione e di sfogo alle proprie emozioni può darti il suonare, il poter manipolare a proprio piacimento le onde sonore attraverso uno strumento e attraverso la voce per poter dire e urlare tutto quello che ti passa dentro.
Trovo che sia davvero la più sublime forma d’ arte, senza nulla togliere alle altre.

Raccontaci un pò del tuo percorso artistico
Nasco come chitarrista autodidatta a 16 anni per la voglia di entrare in un gruppo heavy metal della mia città.
Dopo aver collaborato a svariati progetti musicali e suonato con diverse band in Italia , nel 2007 mi sono trasferito a Londra in cerca di avventure e nuovi orizzonti musicali. E li ho trovati! Ho fatto parte di un gruppo inglese abbastanza noto nella city, soprattutto in Camden Town : the Hyenas.
Sono stato con loro per 4 anni registrando un album e suonando in tutti i buchi della capitale, grandi e piccoli, nonché in tutto il UK in generale. Con loro ho avuto modo di introdurmi e conoscere il circuito musicale londinese arrivando ad esibirmi in diretta a XFM Radio (nota emittente radiofonica della capitale specializzata in musica Rock) con un brano che ci fruttò poi la partecipazione al Festival di Wackestock nel 2008, di spalla ai Groove Armada. Nel frattempo ho continuato a suonare la chitarra anche come session in altre bands e nel 2010 ho avuto la fortuna di farmi un tour negli Stati Uniti lungo tutta la costa est suonando in diversi posti come New York, Baltimore e Philadelpia. In quel periodo cominciai a sentire l’esigenza di scrivere canzoni, di costruire un progetto mio nel quale esprimermi attraverso la chitarra ma anche attraverso la voce ed i testi. Quando tornai a Londra mi misi a lavoro sul materiale che costituisce l’ album “Give Me My Rock’n’Roll Back” edito in Italia da Cramps Music e distribuito da EDEL Italy. Nel giugno del 2017 ricevetti una telefonata da Virgin Radio che mi comunicava di essere stato scelto per partecipare al Medimex Festival di Bari per aprire il concerto a Iggy POP che si sarebbe esibito nell’ unica data italiana del suo Postpop Depression Tour. (E’ stata un esperienza grandiosa!)
In seguito, dopo una pausa forzata dovuta ad un incidente in moto che mi ha costretto all’ immobilità per più di un anno, nel febbraio dello scorso anno è uscito il mio primo singolo in italiano intitolato “Guardami” e, due mesi fa, il secondo “Mi Faccio Te” editi entrambi da Materiali Musicali e distribuiti da Resisto Distribuzione/Believe.

Cos è la musica per te ?
E’ la porta di comunicazione con il mio mondo. Quando la apro e vado di la mi perdo in quello spazio. E quando mi perdo incontro finalmente me stesso.
Il vivere la giornata quotidiana nel mondo dei normali per me è solo un aspettare di aprire quella porta e tuffarmi nel mio mondo, dove finalmente mi ritrovo ed esprimo attraverso la mia arte .
La musica ormai è un’esigenza.

Parliamo della tua ultima fatica. Come nasce?
Nasce dalla volontà di infrangere le nuove regole della nostra vita “(anti)sociale” (nuove regole, nuove infrazioni). Vita sociale che ormai si svolge praticamente sul web : moda, musica, film, concerti, shopping, giuoco, svago, comunicazione privata o di massa, aperitivi in video conferenza, processi, messe e incontri di sesso e d’ amore. Se non sei sul web non esisti. Fino li poteva anche andare bene. Il problema arriva quando ti accorgi che la realtà digitale non è più complementare ma ha sostituito quasi del tutto quella analogica; quella fatta di discoteche, cinema, soldi cash, locali per incontri reali, interazione fisica con gli altri ed esposizione in prima persona davanti alla folla, non dietro ad uno schermo attraverso un social.
Sai quando apri i social e vedi scritte cubitali tipo andate tutti affanculo oppure oggi mi rompo le palle o la vostra musica fa schifo etc…mi chiedo ma se internet esplodesse portandosi via milioni di profili, restituendo a questi l’obbligo di ridiventare persone, questi messaggi sarebbero in ogni caso coraggiosamente portati e recapitati di persona? E portandosi via, l’ esplosione della rete, insieme alle altre milioni di cose, anche i nuovi mestieri, per esempio chi fa, tipo, l’ influencer in camera propria uscirebbe tutte le mattine in mutande anzichè fotografarsi davanti allo specchio spammando selfies dovunque? No ma attenzione il messaggio di questo brano non è di polemica come potrebbe sembrare. E’ di provocazione affinchè questo succeda! Di questo parla il testo di Mi Faccio Te : essere se stessi e agire in prima persona ; è meglio divertirsi che fare finta per dimostrare di divertirsi. Segui l’urlo animale e vivi come se il web morisse domani!

Progetti futuri ?
Buttare via la mascherina, uscirmene tutte le sere a cena, esplorare i locali di tutta Europa, sbronzarmi per strada fino a tardi e dire mi faccio te a chiunque mi capiti a tiro.
E poi magari anche pubblicare un album in italiano al quale sto lavorando ed i cui due singoli sono il preludio.

Cosa provi quando canti?
Liberazione e soddisfazione allo stesso tempo. A volte i milioni di parole che vorresti dire a tutto il mondo diventano il testo di una canzone di appena 3 minuti. E quando senti la tua voce esprimere la sintesi di quel groviglio di pensieri che hai in testa attraverso una semplice canzone di tre minuti, alla fine ti senti svuotato e pieno di energia. Il cantare in pubblico invece mi da soddisfazione perché mi permette di urlare e dire tutto quello che mi pare a una moltitudine di persone venute a sentirmi dire e urlare tutto quello che mi pare. Se poi succede che tutte queste persone a loro volta iniziano ad urlare e a ballare trasformando il concerto nel rito tribale del popolo della notte, allora è il massimo.
E tiro fuori il meglio di me facendo cantare soprattutto la mia chitarra.

Come ti senti prima di un live? Hai mai paura di sbagliare?
Ma guarda ad essere sincero avrei paura di non sbagliare.
Perché se succedesse vorrebbe dire che c’ è qualche cosa di strano.
Sbaglio sempre, sia sul palco che fuori!
Sbagliare è fondamentale direi. Perché subito al primo sbaglio, percettibile o meno da chi ti sta davanti , io mi lascio andare e inizio a divertirmi. Sul palco, fuori dal palco.
Stare dalla parte del torto rende liberi in generale…
Il problema non è sbagliare una performance dal punto di vista musicale, per quel che mi riguarda.
Il problema è se chi ti sta davanti non recepisce bene il messaggio che vuoi comunicare e non si lascia andare; ed il locale resta un club con un palco e con sotto gli spettatori anzichè diventare la giungla dove si svolge il rito della tribù.
Puoi fare delle ottime performance da spartito e ottenere un pubblico che ti applaude educatamente collocato a debita distanza dal palco.
E puoi fare una performance anche piena di errori ma riuscire ad abbattere la barriera ottenendo un pubblico che demolisce le mura del locale continuando ad urlare anche dopo per la strada.
Io miro alla seconda.

Perché i nostri lettori dovrebbero ascoltare la tua musica?
Perchè non rimane che ascoltare, l’intervista è finita.

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