Raccontaci un po’ del tuo percorso artistico…
Ho cominciato a suonare con gli amici negli anni del liceo, girammo per le città della nostra provincia con una scatola di scarpe con su scritto “raccolta fondi per comprare gli strumenti” e ci comprammo tutta la strumentazione. Ho iniziato dalla batteria, poi sono passato alla chitarra elettrica con amplificatore e pedaliera, poi all’acustica, e adesso canto e basta. Il mio scopo in pratica è stato portarmi dietro sempre meno roba ai concerti.

Raggiungere un proprio stile e identità, quanto è importante per un musicista?
È importante per tutti, non solo per i musicisti. Non si deve aver paura di somigliare a qualcos’altro, è normale che se si ascolta un artista per anni, qualcosa venga assorbito. Né secondo me si deve aver paura di essere associati a un movimento o a una scena musicale, il sentimento di appartenenza è una cosa bella. L’essenziale però è non scadere mai nell’emulazione. Non fare mai una musica solo perché va di moda, non vestirsi in un certo modo solo perché lo fanno gli altri, ma essere se stessi e poi semplicemente assecondare il naturale avvicinamento a chi ha la nostra peculiare sensibilità.

Parliamo della tua ultima fatica, come nasce?
Ricordo che la prima ispirazione mi venne in mente mentre ero in macchina nel traffico di Roma, e registrai al volo la melodia con il telefono. Tornato a casa ho ripensato a quella melodia e mi sembrava molto intima e confortante, così ho provato a immaginare delle parole che potessero essere pronunciate per una persona insicura che avesse bisogno di sentirsi protetta.

Hai un particolare progetto ideale e concettuale cui arrivare come massima aspirazione?
Continuare a fare sempre quello che mi piace. Ho scelto il nome Benestare proprio dall’espressione “dare il benestare”. È una dichiarazione di indipendenza artistica, voleva dire che da quel momento in poi sarei stato libero di creare la musica che ho sempre desiderato, quella che mi faceva sognare da bambino quando guardavo i film d’avventura degli anni ‘80 e ‘90.


Perché i nostri lettori dovrebbero ascoltare la tua musica?

Nella vita abbiamo tutti bisogno di farci del male. Per soddisfare questa necessità di masochismo, c’è chi approfondisce le pratiche sessuali di bondage, e chi si limita a cercare il mio nome su Spotify. Scherzi a parte, la moda degli anni ‘80 ha portato ormai chiunque a imitare quel tipo di stile e immaginario, anche chi non ha mai minimamente assaporato quel background. La mia è musica elettronica anni ‘80 creata da una ragazzo che aveva davvero una bicicletta BMX.

L’ALCHIMISTA NON percepisce ed è contraria ai finanziamenti pubblici (anche il 5 per mille). La sua forza sono iscrizioni e contributi donati da chi ci ritiene utile.