Intervista a Simone Piccini, voce del gruppo LA JACQUERIE

Partiamo dalle vostre origini artistiche, quando avete iniziato a interessarvi alla musica?
Da adolescenti.
Abbiamo tutti una qualche esperienza musicale alle spalle.
Personalmente suonavo la batteria in un gruppo Punk, a metà anni 90.
Poi un Lockdown di 15 anni(con 2 anni di Zona Nera) dove ho avuto modo di conoscere la chitarra e la voce.

Raccontateci un po’ del vostro percorso artistico.
Nel 2017 abbiamo cominciato a provare e ancora ci proviamo.

Raggiungere un proprio stile e identità, quanto è importante per una band?
Lo stile è tutto.
Ma spesso, parafrasando un po’ l’immenso Bukowski, è più facile trovare stile in un cane
che in una opera “d’arte”.

Quali sono i vostri punti di riferimento?
Musicali?
Troppi…
Da Sid Vicious a Casadei, passando per Mediterraneo Africa, America del Nord e Gran Bretagna.
Quasi come a Risiko.

Cos’è la musica per voi?
La Musica è una Donna bellissima che attraversa la strada e ti porta via.

Cosa provate quando siete su un palco?
Per me, una sensazione di “potere buono”…
Mi sento come un quadro compiaciuto dagli occhi che lo osservano.

Quanto conta per voi il testo di una canzone rispetto alla musica?
Sono io che scrivo i testi, principalmente.
Scrivo da quando ho 18 anni(di solito si smette a quell’età).
Piovono parole inenterrottamente…
E quando le parole giocano con la musica, è davvero un bel Trip.

Tra le vostre esperienze e partecipazioni, quali ricordate con soddisfazione?
La Puglia…
Tanti bellissimi sorrisi scolpiti nella memoria.

Cosa ne pensano i vostri amici e familiari della scelta di intraprendere questa strada?
Ormai siamo adolescenti maturi.
Sognatori con piani quinquennali ben strutturati.
I nostri familiari sono felici di assecondare questa nostra volontà di musica fatta con la testa, oltre che col cuore.

Avete un particolare progetto ideale e concettuale cui arrivare come massima aspirazione?

Non te lo posso dire.
Rischierei l’arresto per sedizione.
Comunque vada già la strada percorsa e che si percorre è un’aspirazione.
Un Fatto.
Non credo agli “arrivi”.
Di solito non sono che piedistalli dove muore la curiosità.

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